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La descrizione di un anno di attività e servizi in favore di richiedenti asilo e rifugiati
Il Centro Astalli presenta una fotografia aggiornata sulle condizioni di richiedenti asilo e rifugiati che durante l’anno si sono rivolti alla sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati e hanno usufruito dei servizi di prima e seconda accoglienza che l’organizzazione offre.
Il commento di P. Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, sull’anno trascorso.
«Le cause di conflitto sono tante, ma il risultato è sempre lo stesso: distruzione e crisi umanitaria. Dobbiamo fermarci e chiederci: cosa ha portato alla normalizzazione del conflitto nel mondo? E, soprattutto, come convertire il nostro cuore e cambiare la nostra mentalità per cercare veramente la pace nella solidarietà e nella fraternità?». Scriveva così Papa Francesco nel Messaggio per la pace del 2021.
Non avremmo mai immaginato che il 2022 potesse aprirsi con un nuovo conflitto, nel cuore dell’Europa, quello tra Russia e Ucraina, quasi a confermare questa normalizzazione. La guerra sembra averci riportato indietro di 30 anni, al conflitto nella ex-Jugoslavia.
Nel 2021 il numero dei conflitti non è diminuito, alcune crisi umanitarie perdurano da decenni. Basti ricordare la Siria, giunta al suo undicesimo anno di guerra, o l’Afghanistan dove, dopo venti anni di conflitto, lo scorso agosto con la partenza del contingente NATO è tornato il regime talebano.
Si stima che a metà del 2021 gli sfollati nel mondo siano stati oltre 84 milioni, in aumento rispetto agli 82,4 milioni di fine 2020 (UNHCR, Mid-Year Trends 2021).
I Paesi con il più alto numero di rifugiati sono rimasti invariati lasciando il triste primato alla Siria (6,7 milioni). Dei Paesi con il maggior numero di sfollati interni i primi cinque sono: la Repubblica Democratica del Congo, l’Etiopia con il conflitto partito dal Tigray ed estesosi poi durante l’anno, l’Afghanistan, il Myanmar con il colpo di stato del febbraio 2021 e la Repubblica Centrafricana.
La pandemia ha influito ancora molto sulla vita dei rifugiati, sui loro spostamenti, sul loro accesso alla protezione internazionale.
Le domande d’asilo nel mondo sono state nella prima metà dell’anno 555.400, ancora notevolmente ridotte rispetto al periodo pre-covid (a fine 2019 erano 2 milioni, a fine 2020 erano 1,1 milioni).
In Europa il 2021 non ha fatto registrare grandi passi avanti nelle politiche migratorie. Solo all’inizio del 2022 la crisi dei profughi ucraini ha portato all’adozione all’unanimità da parte del Consiglio Europeo della protezione temporanea regolata dalla direttiva 55/2001. Tale misura per 20 anni è rimasta inapplicata, nonostante in questo lungo periodo si siano registrati flussi massicci di persone in fuga verso l’Europa per conflitti o gravi violazioni dei diritti umani. Pensiamo solo al degenerare della crisi in Afghanistan lo scorso agosto con l’evacuazione di migliaia di persone.
È continuata una politica di chiusura e di esternalizzazione delle frontiere. Nel corso dell’anno è stato rinnovato l’accordo con la Turchia che prevede il trattenimento sul proprio territorio di rifugiati. In particolare, si tratta di persone in fuga da Siria, Iraq e Afghanistan. Si è continuato ad assistere alle morti nel mar Mediterraneo (circa duemila quelle accertate) e ai respingimenti verso la Libia o a quelli di Ceuta, l’enclave spagnola in Marocco; ai blocchi sulla rotta balcanica, fino alla tensione tra Bielorussia e Polonia dello scorso dicembre con la presenza di alcune migliaia di migranti ammassati sul confine, utilizzati come strumenti di pressione politica.
Neanche nel 2021 l’Europa è riuscita dunque a trovare una politica comune lungimirante e inclusiva sulle migrazioni. Auspichiamo che l’unanimità raggiunta sulla questione degli sfollati ucraini possa rappresentare qualcosa di più profondo della risposta emergenziale all’invasione russa. Possa essere piuttosto l’inizio di una riflessione verso una politica comune sulle migrazioni, attraverso una vera solidarietà tra gli Stati, espressione dei principi fondanti dell’Unione.
Sul versante nazionale, oltre agli effetti delle politiche migratorie europee e degli scenari geopolitici internazionali, nel 2021 abbiamo assistito ancora agli effetti della pandemia, con i suoi ripetuti picchi di contagio. Tuttavia, se la diffusione del virus ha interessato ovviamente anche i rifugiati con un andamento sovrapponibile a quello della popolazione generale, lo stesso non si può dire per la campagna vaccinale che non li ha altrettanto celermente coinvolti. Ma grazie all’azione di advocacy del Terzo Settore la campagna vaccinale ha raggiunto anche le persone più ai margini e tra queste molti rifugiati. Papa Francesco donando, durante la Settimana Santa, alcune centinaia di vaccini agli ultimi ha contribuito a richiamare l’attenzione su questa fascia della popolazione che è stata inserita nella pianificazione vaccinale solo a partire da giugno, ottenendo in pochi mesi, e grazie all’azione concertata di Istituzioni e del privato sociale, ottimi risultati.
Le conseguenze socio-economiche della pandemia, che già nel 2020 erano emerse in tutta la loro drammaticità, hanno continuato a far sentire il loro peso. In particolare, abbiamo constatato come tanti rifugiati, in Italia anche da anni, siano stati costretti a ritornare al Centro Astalli per essere sostenuti economicamente (per utenze, affitti, cure e prestazioni sanitarie), a causa della mancanza di lavoro, per la ancora debole ripresa occupazionale e al tempo stesso per l’impossibilità di usufruire di alcuni degli ammortizzatori sociali. Anche la regolarizzazione dei lavoratori stranieri ha dimostrato la sua poca efficacia: a fronte delle circa 207mila domande presentate nel 2020, a fine 2021 erano meno del 20% coloro che avevano ottenuto un permesso di soggiorno.
Per concludere, riprendiamo alcuni spunti emersi in occasione dell’inaugurazione della mostra fotografica Volti al futuro per i 40 anni del Centro Astalli. Di questi 40 anni possiamo essere grati, ma non contenti. Ancora molto bisogna fare per i milioni di rifugiati che ci sono nel mondo, ancor più con delle politiche europee e nazionali che rischiano di erodere il diritto d’asilo. Tuttavia un profondo sentimento di gratitudine attraversa il Centro Astalli, derivato dall’essere stati testimoni in questi anni del coraggio, della perseveranza, dell’anelito di giustizia, del desiderio di cambiamento di tanti uomini e donne rifugiati, di volontari e operatori impegnati al loro fianco, così come di tanti cittadini solidali. Insieme, già ora, costituiamo una comunità di vita riconciliata. Insieme siamo volti al futuro nella convinzione che un mondo in pace e senza persone costrette a chiedere asilo può realizzarsi senza ingiustizie, senza guerre, senza armi.
P. Camillo Ripamonti sj
Presidente Centro Astalli