Una riflessione nata dall’incontro quotidiano con i volontari del Centro Astalli
«I sogni nel cassetto prendono la muffa», «Ci saranno sempre dei sassi sul tuo cammino, dipende da te se farne dei muri o dei ponti». Qualche giorno fa ho ricevuto questi messaggi, due dei tanti aforismi che invadono la rete, mi sono sembrati perfetti per cominciare una riflessione sul volontariato al Centro Astalli.
Il fulcro della splendida risorsa che è il volontariato sta proprio nella relazione tra sogno e desiderio, responsabilità e incontro. Diventare volontario vuol dire articolare questi tre aspetti: il desiderio di mettersi a disposizione, ma che, in fondo, nasconde un sogno (I have a dream), di vivere in un mondo più giusto e il sentire tutto questo come una responsabilità civile che interpella ciascuno di noi qui e adesso.
Sono una moltitudine coloro che continuano ad assumere tale sfida con coraggio sebbene sul proprio cammino ci siano sassi, anche enormi. Ho incontrato tante persone che nonostante ferite personali, difficoltà di ogni tipo, lavorative, di salute o familiari chiedono di poter dedicare un po’ del loro spazio esistenziale al volontariato. Ogni esperienza di volontariato è l’incontro tra due storie, due mondi, due vite, due individui, che si moltiplica per le tante persone che si incontrano. Da qui nasce il voler costruire ponti e abbattere muri, il voler intrecciare queste vite anche per poco tempo e scegliere di portare nel proprio cuore l’altra persona, ognuno impresso in ognuno. Tutto questo fa bene, perché pone le basi per una convivenza pacifica e alimenta la speranza nel domani.
Non bisogna essere eroi per avventurarsi nell’esperienza avvincente del volontariato. Basta avere un desiderio di giustizia e volerlo assumere come impegno in un quotidiano a volte monotono. Non si richiedono doti eccezionali. Basta essere se stessi sapendo che il centro del proprio servizio sono i richiedenti asilo e rifugiati, persone che non hanno scelto di intraprendere un viaggio ma sono state costrette da guerre e persecuzioni. Mettere al centro loro e non se stessi è un’operazione tutt’altro che banale e immediata. I volontari se ne accorgono fin da subito nei servizi in cui vengono inseriti: dal distribuire i pasti alla mensa, all’insegnare l’italiano, dall’accompagnare le persone per i vari uffici, al fare animazione con i bambini, al coprire il turno di notte nei centri di accoglienza. Decentrarsi per mettersi nei panni dell’altro è un cammino interiore faticoso. È quasi percorrere a ritroso il viaggio che queste persone hanno dovuto compiere forzosamente per arrivare fin qui. Questo non va mai dato per scontato e ogni incontro è un cammino reciproco dell’uno verso l’altro. Così la presenza dei volontari rende il Centro Astalli un posto in cui i rifugiati si sentono sempre più accolti e a casa.
P. Camillo Ripamonti sj