I rifugiati hanno diritto al gratuito patrocinio. Gli enti di tutela richiamano l’Ordine degli Avvocati di Roma

regione_01Nell’ambito dell’attività di supporto legale a richiedenti e titolari di protezione internazionale una rete di Associazioni (ASGI, Laboratorio 53, Associazione Progetto Diritti, Associazione Europa Levante, Senzaconfine, Focus- Casa dei Diritti Sociali, Arci – Roma, Save the children Italia, A buon diritto, Consiglio Italiano Rifugiati – CIR, Centro Astalli) ha rilevato la prassi ormai consolidata del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma di richiedere la certificazione dell’autorità consolare competente per l’accesso al beneficio del Patrocinio a Spese dello Stato anche per i richiedenti la protezione internazionale.

Tale prassi trae origine dall’interpretazione che l’Ordine dà della normativa in tema di accesso al beneficio del Patrocinio a Spese dello Stato.

Stante la particolare situazione giuridica dei richiedenti e titolari di protezione internazionale, impossibilitati a recarsi presso le autorità consolari del Paese di origine, la normativa italiana prevede chiaramente che nel caso di istanza di ammissione al patrocinio a Spese dello Stato presentata da un richiedente/titolare di protezione internazionale, la facoltà di produrre una dichiarazione sostitutiva in luogo dell’attestazione consolare in merito è prevista “in ogni caso”, non essendo, di conseguenza, subordinata alla dimostrazione o all’allegazione delle motivazioni dell’impossibilità di produrla.

Ad affermarlo è anche l’UNHCR in un parere inviato proprio al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma all’inizio del 2013.

Nonostante ciò, il Consiglio dell’Ordine di Roma – disapplicando totalmente quanto previsto dalla normativa nazionale – continua a ritenere che i richiedenti la protezione internazionale debbano presentare la certificazione consolare ai fini dell’accesso al Patrocinio a Spese dello Stato .

Le Associazioni hanno dunque inviato venerdì 10 maggio 2013 una lettera ai Ministeri dell’Interno, della Giustizia, degli Affari Esteri e, per conoscenza, al Consiglio Nazionale Forense, al fine di far richiamare il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma affinché cessi tale prassi illegittima.

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