Il mare unisce, la terra non divida. La nuova campagna del Centro Astalli

Il Mare unisce, la terra non divida” è lo slogan scelto per la campagna di sensibilizzazione che il Centro Astalli ha lanciato ufficialmente in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato 2013.

“Vogliamo concentrare l’attenzione su due questioni che riteniamo particolarmente urgenti. Prima di tutto interrompere la strage di vittime innocenti che si affidano a trafficanti senza scrupoli per giungere in Europa. Allo stesso tempo rendere l’Italia un Paese in cui chiedere asilo non sia una corsa ad ostacoli, ma un percorso in cui accoglienza e integrazione siano garantiti a quanti fuggono da guerre e persecuzioni”, così P. Giovanni La Manna sj, presidente Centro Astalli, commenta il nucleo tematico della campagna, che trovate di seguito.

Per i rifugiati che arrivano in Italia il Mediterraneo è una barriera d’acqua sterminata, dalla quale è difficile uscire vivi. È l’avanguardia dei nuovi traffici, a partire da quella tratta di esseri umani che il Papa ha definito, di recente, “la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo”.

Troppo spesso è un mare di morte, che inghiotte migliaia di persone in fuga nella generale indifferenza. Non è questa l’idea di Mediterraneo che troviamo nella nostra memoria culturale: l’identità storica dell’Occidente si è costruita intorno alle sue sponde, attraverso rotte di scambi, contaminazioni, anche conflitti. Delimitato da tre continenti, culla di culture, religioni, etnie ed economie, poteva a ragione essere chiamato “nostro” da ciascuna delle sue componenti.

Da molti secoli il Mediterraneo ha perso la sua centralità geopolitica. Oggi pare ridotto a mare periferico europeo, addirittura a frontiera di una Europa fortezza, luogo di respingimento invece che di accoglienza, di difesa identitaria più che di confronto. Crediamo che il Mediterraneo debba tornare a essere un patrimonio comune, uno spazio in cui costruire orizzonti di civiltà. In esso l’Italia, non “portaerei” ma ponte, braccio proteso verso la sponda sud, può riscoprire la sua vocazione specifica.

Non basta fermare le stragi di migranti, magari bloccando ipocritamente le partenze: bisogna costruire canali umanitari e rendere accessibile, in sicurezza, il diritto d’asilo per chi ne ha bisogno. L’accoglienza non si deve limitare al soddisfacimento di standard minimi dettati dalla burocrazia: anche attraverso il contributo delle culture e delle religioni che sulle sponde di questo mare sono fiorite va riempita di valori, trasformata in ospitalità, condivisione, reciprocità.

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