Sono 12 le persone che hanno perso la vita negli scorsi giorni nel mar Mediterraneo. È questo il bilancio del ritrovamento di un’imbarcazione alla deriva, rimasto in balìa del mare per quattro giorni, con a bordo 51 superstiti – 41 eritrei e 10 sudanesi, tra loro anche una neonata di appena 10 giorni.
Cinque i cadaveri a bordo, 4 eritrei e un etiope, ma secondo i racconti dei sopravvissuti almeno 7 persone sono cadute in acqua stremate dalla fatica e dagli stenti e risultano attualmente disperse.
Sono stati ritrovati da una nave commerciale e ricondotti in Libia, consegnati alla guardia costiera libica e trasferiti al centro di detenzione di Tarik Al Sikka, donne e bambini compresi. Secondo l’Oim, l’Organizzazione ONU per i migranti, si tratterebbe della barca data per dispersa pochi giorni fa nella zona di ricerca e salvataggio maltese.
Si tratterebbe infatti dell’ultima del gruppo di quattro imbarcazioni presenti nei giorni scorsi nel Mediterraneo centrale: due erano arrivate autonomamente in Sicilia, a Pozzallo e a Portopalo di Capo Passero, tra Pasqua e Pasquetta e un’altra era stata soccorsa dalla nave Aita Mari della Ong basca Salvamento Maritimo Humanitario.
La vicenda, a detta anche degli stessi funzionari delle Nazioni Unite, si configura come un respingimento in violazione delle convenzioni ONU e del diritto internazionale.
La guerra in Libia prosegue, aumentano gli scontri nella parte occidentale della Libia e i bombardamenti quotidiani su Tripoli, mentre la pandemia è in corso e il Paese si trova a fronteggiarla senza gli adeguati strumenti. Infatti molti, tra cui sfollati, rifugiati e richiedenti asilo, vivono in situazioni precarie, di sovraffollamento con un accesso limitato ad acqua ed elettricità.