Papa Francesco al Corpo diplomatico: no alla cultura della sopraffazione e dell’aggressione

“Un’invocazione di pace in un mondo che vede crescere divisioni e guerre”: questo il senso che Papa Francesco ha voluto dare al consueto discorso di inizio anno rivolto al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.

Nell’anno in cui si ricorda il 60mo dell’enciclica Pacem in Terris di san Giovanni XXIII, papa Francesco ha sottolineato come si tratti di “un testo estremamente attuale pur essendo mutato gran parte del contesto internazionale . Per San Giovanni XXIII, la pace è possibile alla luce di quattro beni fondamentali: la verità, la giustizia, la solidarietà e la libertà”. Capisaldi che “si intrecciano all’interno della premessa fondamentale che «ogni essere umano è persona cioè una natura dotata di intelligenza e di volontà libera; e quindi è soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili»”.

In particolare, Papa Francesco, parlando di pace nella solidarietà, è tornato ad affrontare il tema delle migrazioni, “che interessa intere regioni della Terra. Molte volte si tratta di persone che fuggono da guerra e persecuzione, affrontando pericoli immensi. D’altra parte, «ogni essere umano ha il diritto alla libertà di movimento, […] di immigrare in altre comunità politiche e stabilirsi in esse»”. Si tratta di una questione per la quale “’procedere in ordine sparso non è ammissibile” ha detto il Papa, “basta guardare al Mediterraneo, divenuto un grande cimitero”. In Europa, ha affermato, “è urgente rafforzare la cornice normativa, attraverso l’approvazione del Nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo, perché si possano implementare adeguate politiche per accogliere, accompagnare, promuovere e integrare i migranti”. Inoltre, “la solidarietà esige che le doverose operazioni di assistenza e cura dei naufraghi non gravino interamente sulle popolazioni dei principali punti d’approdo”.

“Oggi è in corso la terza guerra mondiale di un mondo globalizzato, dove i conflitti interessano direttamente solo alcune aree del pianeta, ma nella sostanza coinvolgono tutti” ha ricordato il Pontefice. Tra queste la guerra in Ucraina “con il suo strascico di morte e distruzione”, senza dimenticare ovviamente i conflitti non ancora risolti, come in Siria, le violenze nell’est della Repubblica Democratica del Congo, meta a breve del prossimo viaggio apostolico del Papa, il Caucaso meridionale, lo Yemen, l’Etiopia, il Myanmar e le regioni dell’Africa Occidentale, quali Burkina Faso, Mali e Nigeria. Di qui la necessità di “scardinare tale logica e procedere sulla via di un disarmo integrale, poiché nessuna pace è possibile laddove dilagano strumenti di morte”.

“Desta preoccupazione l’affievolirsi, in molte parti del mondo, della democrazia e della possibilità di libertà che essa consente” la denuncia di Francesco “in molte aree […] dato dalle crescenti polarizzazioni politiche e sociali”. A farne le spese soprattutto le donne o le minoranze etniche.

A conclusione del suo discorso Papa Francesco ha lanciato un grido di allarme: “La cultura della sopraffazione e dell’aggressione porta a guardare al prossimo come ad un nemico da combattere piuttosto che ad un fratello da accogliere ed abbracciare”.

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