In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato 2025, il Centro Astalli presenta la campagna Rifugiati: diritti “sconfinati” per ri-generare il futuro.
In questa Giornata Mondiale del Rifugiato 2025 i significati da sottolineare sono molti e particolarmente complessi. Ottanta anni fa finiva la Seconda Guerra Mondiale, ottanta anni fa i popoli delle Nazioni Unite statuirono un patto che originò un nuovo paradigma di diritto internazionale, affinché ciò che era accaduto non accadesse mai più. Anniversari che oggi assumono significati diversi e non trascurabili. Ottanta anni dopo, se i limiti e i vincoli che scaturiscono da quel patto, se la pace, il diritto internazionale e i diritti umani diventano irrilevanti, è la stessa sopravvivenza dell’umanità che viene messa a rischio. L’attualità ci interpella. Pace, giustizia e diritti vengono ormai posti in secondo piano, scavalcati dagli interessi delle nazioni. Secondo il Conflict Index 2024 di ACLED – Armed Conflict Location & Event Data, sono più di 50 i conflitti nel mondo, il numero più alto dal dopoguerra ad oggi. Così come milioni sono le persone rifugiate e sfollate, oltre 120 milioni, il numero più alto mai registrato da ottanta anni a questa parte. Ottanta anni fa si assistette a una forte spinta di cambiamento collettivo. Era necessario un nuovo inizio, un impegno comune e condiviso per la costruzione di un nuovo futuro. Una generatività che ieri come oggi è fondata sulla speranza che “non delude”. Oggi, mentre il mondo si scopre immobile davanti alle emergenze umanitarie e al grido di aiuto delle persone vulnerabili, in particolar modo se migranti e rifugiate, in balìa di muri legislativi e burocratici, di armi e giochi di potere, di onde, che si richiudono sui corpi sommersi nell’indifferenza generale, c’è bisogno di un sussulto di umanità fondata su un nuovo paradigma: un umanesimo planetario come nuova visione. In un tempo che ci vede confusi e disorientati, la domanda è da dove ripartire e originare un progresso umanitario, che guardi all’”altro” come immagine dell’umano con differenti dimensioni che vanno rispettate e promosse. Alla miopia di un Occidente e di un’Europa che si rifiutano di guardare al di là dei propri orizzonti, si contrappone una speranza che è caratteristica comune di ogni persona rifugiata. Una speranza che è testimonianza incarnata nelle loro vite. Una testimonianza che si traduce in solidarietà spontanea di tanti cittadini e cittadine che aiutano i rifugiati con gesti concreti, superando la diffidenza e la paura, e di tanti rifugiati, essi stessi volontari nelle comunità, agenti di cambiamento e rappresentanti delle società che abitano. Tutti loro rivelano la vera dimensione dell’accoglienza: un incontro tra persone, tra uomini e donne che si conoscono e si riconoscono, un incontro di umanità, che apre a orizzonti nuovi.
Il tema è stato al centro del colloquio sulle migrazioni, organizzato mercoledì 11 giugno, presso la Pontificia Università Gregoriana. Sono intervenuti Michele Colucci, storico e ricercatore del Consiglio nazionale delle ricerche – Istituto di studi sulle società del Mediterraneo, P. Camillo Ripamonti, Presidente Centro Astalli, e Lina Palmerini, giornalista Il Sole 24 Ore.
Ad aprire l’incontro la testimonianze di Yunus Emre, rifugiato dalla Turchia, e di Giovanna Valori, volontaria della scuola di italiano del Centro Astalli.