Noi, buddhisti in Italia

In Italia esistono almeno 60 centri buddhisti, in gran parte nelle regioni settentrionali. Tutte le grandi scuole tradizionali sono presenti: in particolare quella Theravada (Sri Lanka e Sudest asiatico), quella Zen (Giappone) e quella Tibetana, è ben rappresentato anche il buddhismo cinese. Molti di questi centri fanno capo all’Unione Buddhista Italiana (UBI), nata nel 1985 e riconosciuta dallo Stato italiano nel 2012. In tutto noi buddhisti in Italia siamo circa 200mila, tra italiani e immigrati (per lo più cinesi e cingalesi). Il buddhismo in Italia è anche rappresentato dall’Istituto Buddhista Italiano Soka Gakkai, che si rifà alla tradizione Mahayana. La Soka Gakkai è un’organizzazione laica buddhista che non aderisce all’UBI; fondata nel 1200 dal monaco giapponese Nichiren Daishonin, ha sottoscritto l’intesa nel 2015 e oggi conta in Italia circa 85mila membri.

I nostri inizi

Secondo i nostri testi, il Buddha sarebbe nato a Kapilavastu, una città al confine dell’India con il Nepal, probabilmente tra il VI e il V secolo a.C. Apparteneva alla casta dei guerrieri e suo padre era il capo di una piccola repubblica aristocratica. Il bambino riceve il nome di Siddhārta (“colui il cui scopo è raggiunto”). A 29 anni lascia la casa del padre e si dedica alla pratica ascetica insieme a cinque compagni.
Durante questa difficile fase, superate molteplici difficoltà, Siddhārta si immerge nella meditazione conclusiva. Nella prima veglia notturna acquisisce il ricordo delle sue esistenze passate; nella seconda vede il destino di vita, morte e rinascita di tutti gli esseri e la legge che lo governa; nell’ultima, libero da ignoranza e attaccamento, conquista la conoscenza della causa del dolore e di come liberarsene. Ora è il Buddha, il risvegliato. L’illuminazione giunge nella notte di luna piena del mese di Vaiśākha (tra aprile e maggio), una ricorrenza festeggiata da noi buddhisti in tutto il mondo. Il Buddha è incerto se diffondere o no la sua scoperta, che gli sembra di così difficile comprensione. I primi da cui si reca, e che secondo lui saranno in grado di capire la sua esposizione, sono i suoi vecchi cinque compagni, che egli ritrova nel Parco delle Gazzelle a Sārnāth vicino Benares. Egli annuncia loro di portare con sé la verità che essi non raggiungeranno mai con le pratiche ascetiche e rivolge a loro il suo primo sermone. Profondamente toccati dalla sua parola, i cinque discepoli rapidamente conseguono il risveglio (bodhi) divenendo così i primi “venerabili”. I cinque discepoli formano la prima comunità monastica e si dividono per andare ad insegnare. Il Buddha dedica il resto della sua vita a viaggiare per l’India per predicare, iniziando monaci e istruendo laici. Muore a Kunshinagar, sulla strada verso la sua città natale.

Per approfondire la storia di Siddharta Gautama e del Buddhismo guarda questi brevi video:
What is Buddhism (2017) ? 
What is Buddhism (2021) ?
Il Buddhismo: Documentario

E la storia continua così

Anche se il Buddhismo è nato in India, si è estinto nel suo paese d’origine poco dopo l’anno 1000; in compenso, si è espanso in vari paesi dell’Asia, rivestendo un ruolo di particolare importanza in molti paesi del mondo e interagendo con la cultura locale, modificando e adattando la propria dottrina. Fin dalle sue origini, il buddhismo si articolò in varie scuole (18, secondo la tradizione). Attualmente viene convenzionalmente diviso in tre scuole (o “veicoli”): il Theravāda, diffuso principalmente in Laos, Cambogia, Thailandia, Sri Lanka e Birmania; il Mahāyāna, diffuso in Nepal, Cina, Giappone, Corea e Tibet; il Vajrayāna (o buddhismo tantrico), diffusosi più recentemente in Nepal e Tibet. La corrente più mistica del buddhismo è lo Zen, introdotto in Cina nel VI sec. e arrivato in Giappone nel XII, dove divenne la religione dei samurai.

Approfondisci: Breve storia del buddhismo
Leggi anche il film Bodhisattva blues – Non sapevo di essere un Budda !
Guarda il video realizzato al Centro Zen Anshin nell’ambito di Luoghi in dialogo-Percorsi interreligiosi a Roma

Le nostre scritture

La dottrina buddhista ci è pervenuta attraverso una immensa produzione letteraria, filosofica e religiosa, redatta in molte lingue diverse. La fonte principale è la raccolta di testi in lingua pali, il Canone Pali, intitolato Tre canestri, perché i libri di ogni collezione, scritti su foglie di palma, potevano essere contenuti in una cesta. Questo canone (libri considerati sacri dalla nostra tradizione) non è il frutto delle sole dottrine predicate dal Buddha, ma la rielaborazione di quelle e di ulteriori teorie.
La prima collezione, detta Canestro della Disciplina, raccoglie le regole della comunità monastica e quelle da seguire per una buona vita buddhista. La seconda collezione, a sua volta divisa in vari corpi, si chiama Canestro dei Discorsi. Al suo interno si trovano dei testi di grandissima importanza: il Dhammapada (o Libro della Legge, che raccoglie 423 detti attribuiti al Buddha) e il Suttanipāta (“insieme di discorsi”); le Theragāthā (“Canti degli Anziani”, cioè dei primi monaci) e le Therīgāthā (“Canti delle Anziane”, le prime monache), che ci permettono di penetrare nei sentimenti di coloro che per primi compirono la scelta di vita monastica; gli Jātaka (racconti delle nascite), racconti del folklore buddhista a proposito degli atti memorabili che il futuro Buddha avrebbe compiuto prima della sua nascita. Il nome della terza collezione, detta Canestro della Dottrina, si può tradurre letteralmente come “Canestro di ciò che riguarda il Dharma”: dharma nella nostra tradizione, è insieme l’ordine cosmico e le verità rivelate dal Buddha, ovvero il suo insegnamento, la meditazione e i comportamenti in coerenza con esso.

In cosa crediamo

All’interno della nostra religione esistono profonde diversità: non vi è mai stato un tentativo di imporre un’uniformità dottrinale. Lo stesso Buddha si rivolge ai monaci per ammonirli di non credere ciecamente alle cose che egli afferma, ma di provarle in prima persona per verificarle, e quindi di parlare solo di ciò che hanno visto, conosciuto e vissuto personalmente.
L’argomento centrale del primo discorso del Buddha ai primi cinque discepoli a Benares consiste nella formulazione della dottrina delle quattro nobili verità. La prima verità afferma che l’esistenza è sofferenza: “Questa, o monaci, è la nobile verità del dolore: la nascita è dolore, la vecchiaia è dolore, la malattia è dolore, la morte è dolore, l’unione con ciò che non ci è caro è dolore, la separazione da ciò che ci è caro è dolore, non ottenere quello che si desidera è dolore”. La seconda verità è che causa della sofferenza è l’impulso a desiderare. La terza nobile verità annuncia che esiste un rimedio: se la sofferenza in tutte le sue forme deriva dal desiderio, ne consegue che sradicandolo sperimenteremo la fine della sofferenza. La cessazione della sofferenza è il nirvana. La quarta verità indica la via da seguire, il sentiero ascetico del buddhismo: il “nobile ottuplice sentiero”, un insieme di discipline che abbracciano ogni aspetto della vita, sia fisico che mentale. In sostanza, l’insegnamento del Buddha si può riassumere in due enunciati: le quattro nobili verità, che sono l’aspetto dottrinale e invitano alla comprensione, e il nobile ottuplice sentiero che invita alla pratica. Tutte le dottrine buddhiste hanno un valore puramente pratico, devono essere tradotte nell’esperienza e nell’azione. Il Buddha paragona la dottrina ad una zattera che usiamo per attraversare un fiume: quando lo scopo è stato raggiunto, solo uno stolto continua a passeggiare con la zattera sulla testa perché ci si è affezionato. La teoria non ha valore autonomo, ma esiste in funzione della liberazione, del moksa. Un cumulo di nozioni e opinioni sulla dottrina non porta alla liberazione.
Questo aspetto è accentuato in modo particolare dal buddhismo Zen. Esso, sottolineando l’indivisibilità del Buddha da tutto ciò che esiste, afferma che l’uomo può e deve raggiungere, già in questo mondo, l’unità con la divinità tramite un’illuminazione interiore, istantaneamente: la verità infatti non può essere raggiunta razionalmente, né può essere espressa in concetti. Uno degli stimoli preferiti, in tal senso, è il senso del bello (che include l’arte di disporre i fiori, la cerimonia del tè, la sobria raffinatezza della casa, ecc.).

Vignetta tratta dal libro di Tsai Chih Chung, Dice lo Zen. Leggilo, ne troverai molte altre!

Come viviamo

Per noi, l’essere umano, così come anche il mondo, è il risultato dell’unione di vari elementi che fluiscono continuamente in un perenne gioco di associazione e dissociazione. Il tempo non ha inizio e non ha fine e tutti gli esseri viventi sono soggetti a un ciclo continuo di morti e rinascite, il samsara, da cui si esce soltanto attraverso il raggiungimento del nirvana.

Attraverso il “nobile ottuplice sentiero” si elimina il desiderio, la sete di essere e di avere, e di conseguenza si interrompe la ruota delle reincarnazioni, imboccando la “via di mezzo” tra ricerca del piacere e mortificazione della carne. Il momento finale del nobile ottuplice sentiero è la meditazione, cioè la concentrazione assoluta della mente: essa procede per stadi e conduce alla “Illuminazione interiore”.

Per tutti noi buddhisti, valgono come codice di comportamento i cinque precetti, che vengono recitati dai devoti in templi e monasteri come preghiera (ascolta):

Non uccidere nessun essere vivente
Non rubare
Non avere una cattiva condotta sessuale
Non mentire o ingannare il prossimo
Non assumere sostanze intossicanti.

Nel buddhismo antico, Hīnāyana, il monaco ha nel cammino verso la liberazione “una marcia in più” rispetto ai laici: egli, grazie al sostegno dei laici, vive una vita completamente dedicata alla ricerca della liberazione. I laici, invece, si limitano a seguire l’etica buddhista e a guadagnare meriti sostenendo i monaci nel loro percorso. Secondo la scuola Mahāyāna invece, anche se si continua a dare un grande valore alla scelta di coloro che vivono nei monasteri, il sentiero della perfezione è aperto a tutti. Se non si è adatti al distacco dal mondo e dunque non si può arrivare alla liberazione mediante la disciplina ascetica e meditativa, si può lo stesso giungere all’illuminazione grazie alla devozione e alla generosità.

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Uno dei fondamenti della nostra etica è l’assoluta nonviolenza. Le virtù principali sono la benevolenza, la fratellanza e l’amore. Il Buddhismo non conosce differenza fra gli uomini (di casta o classe, di religione, di sesso), accomunati tutti dalla fratellanza universale. Altra virtù fondamentale è la Grande Compassione, la solidarietà che lega tutti gli esseri della terra prigionieri di un medesimo dolore. Nella concezione della scuola Mahāyāna infatti, lo scopo ultimo di ogni buddhista è la salvezza di tutti gli uomini: l’ideale religioso è il bodhisattva, colui che, dopo aver sperimentato il risveglio, la “bodhi”rinuncia ad essere un buddha e aiuta gli altri uomini a raggiungere la salvezza, come già fece il Buddha stesso. Caratteristiche di un bodhisattva sono sapienza e compassione.

Feste, luoghi e simboli

Le nostre festività sono numerose e si differenziano tra le varie scuole e tradizioni. Siccome il nostro calendario è lunare, i giorni delle festività cambiano ogni anno rispetto al calendario solare in uso in Italia e in molti Paesi del mondo. In generale, i giorni di luna piena e di luna nuova sono giorni “sacri”. La festa del Vesak ricorda i tre momenti fondamentali della vita del Buddha (nascita, illuminazione e morte) ed è celebrata, in momenti diversi dell’anno, da tutte le scuole buddhiste. In alcuni paesi si tratta di una festa molto solenne e gioiosa, che coinvolge la maggior parte della popolazione.

 La festa di Vesak in Sri Lanka (IFilmSriLanka)

Approfondisci: Le festività buddhiste

Uno dei nostri simboli più noti è la Ruota del Dharma (Dahrmachakra). Gli otto raggi che la compongono rappresentano il “nobile ottuplice sentiero”, cioè la via verso l’Illuminazione.

Una preghiera

Possano tutti gli esseri, ovunque si trovino, sofferenti nel corpo e nella mente, ottenere un oceano di felicità e di gioia per virtù dei miei meriti. Perché fintantoché essi rimangono nell’esistenza ciclica possa la loro felicità terrena mai diminuire, e possano tutti loro ininterrottamente ricevere onde di gioia da Bodhisattva.

Possa il timoroso cessare di avere paura e coloro che sono prigionieri essere liberati; possano gli impotenti trovare il potere, e possa la gente avere pensieri di amicizia. Possano tutti i viandanti trovare felicità, ovunque si rechino, e senza alcuno sforzo siano in grado di compiere quanto si sono proposti di fare. Possano coloro che salpano con nave o barca ottenere qualunque cosa essi desiderino, e dopo essere felicemente tornati a casa ritrovarsi in gioia con i loro parenti. Possano i viandanti inquieti che hanno perduto la strada incontrare compagni di viaggio e senza alcun timore di ladri o tigri possa il loro cammino essere facile, senza alcuna fatica.

Dalla Preghiera di Shantideva, VIII sec.

Hanno detto…

Nel 1989 il XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso, massima autorità temporale e spirituale del buddhismo tibetano, ha ricevuto il premio Nobel per la resistenza non violenta contro l’occupazione del suo Paese. In molte occasioni ha dichiarato: “Nella realtà odierna l’unico modo di risolvere le divergenze è il dialogo ed il compromesso, la comprensione umana e l’umiltà. Dobbiamo capire che la pace vera nasce dalla comprensione reciproca, dal rispetto, dalla fiducia. I problemi della società umana dovrebbero essere risolti in modo umano, e la non violenza fornisce un approccio adeguato.” Inoltre: “Non violenza vuol dire dialogo: adoperare il nostro linguaggio, il linguaggio umano. Dialogo significa compromesso, rispetto dei diritti di ciascuno. La vera soluzione al conflitto e al disaccordo sta nello spirito di riconciliazione. Non esiste vincitore al cento per cento così come non esiste perdente al cento per cento: c’è solo mezzo e mezzo. Questa è la via pratica, l’unica via.”

Per approfondire leggi: Piero Verni, Il sorriso e la saggezza. Dalai Lama, biografia autorizzata, Nalanda, 2021.

Approfondiamo insieme…musica e danza nel buddhismo

Nel buddhismo, la musica e il canto hanno un forte valore simbolico, specie durante le cerimonie monastiche e nei momenti dedicati alla meditazione. A seconda delle varie tradizioni si adottano particolari forme di cantillazione per recitare i sutra che possono assumere anche grandi livelli di difficoltà dovuta alla lunghezza della preghiera che richiedono una grande tecnica di controllo del respiro ed emissione del suono. La parola sutra in sanscrito significa “filo per infilare le perle” e le perle rappresentano gli insegnamenti. Nel Buddhismo ci sono molti sutra, alcuni discendenti direttamente dalle parole del Buddha, altri da quelle degli altri maestri illuminati. Spesso, durante i canti, vengono utilizzati anche strumenti a percussione come il grande tamburo da preghiera che scandisce i tempi nei monasteri; strumenti che producono tintinnii, campane, strumenti a corda da pizzicare, conchiglie e cembali. Vi sono anche numerosi strumenti a fiato come il radong, un corno, la kangling, una tromba rituale, o la dung chen, tromba di ottone che viene suonata in coppia. Nella tradizione zen giapponese è molto diffuso lo shakuhachi, flauto che presenta cinque fori digitali, e ne esistono dieci misure: la più piccola di circa 39 cm, la maggiore di 91 cm. In Corea, c’è un famoso rituale buddhista, lo Yŏngsanjae, celebrato nel giorno della festa del Tano, il quinto giorno del quinto mese del calendario lunare. Nel cortile del Taeungjŏn, il padiglione principale del tempio Pongwŏnsa a Seul, i monaci, mentre cantano vari sutra, eseguono numerose danze: la danza delle farfalle, Namibu, la danza dei cembali, Paramu, e la danza dei tamburi, Pŏpkomu.

Per approfondire…

Thich Nhat Hanh, Chiamami con i miei veri nomi, raccolta poetica del maestro Thich Nhat Hanh, Ubiliber, 2021

Epifanìa Gyoetsu Annamaria, Se respiri stai danzando. L’arte di arrendersi al movimento, Lindau, 2020

Shohaku Okumura, Il canto dello zen. Il senso vivente di otto fondamentali testi zen, Astrolabio Ubaldini, 2017

Visita la pagina Focus Le Religioni in musica

Per capirci…

dharma: nella tradizione buddhista è insieme l’ordine cosmico e le verità rivelate dal Buddha, ovvero il suo insegnamento, la meditazione e i comportamenti in coerenza con esso.
nirvana: illuminazione. Si tratta di un’esperienza che non è spiegabile a parole, ma deve essere esperita di persona. Consiste nell’estinzione del fuoco dell’egocentrismo, dell’attaccamento, dell’avversione e dell’ignoranza. Estinte queste forze che alimentano il ciclo delle vite e delle morti, non si creano più condizioni per rinascere e si raggiunge uno stato assoluto, sottratto alle leggi universali del mutamento e del dolore.
prajna: saggezza. È lo stato mentale che deriva dall’aver compreso correttamente qualcosa. Nel buddhismo è il termine tecnico per indicare la comprensione che vede il vero modo di essere delle cose, in opposizione a come appaiono.
puja: E’ il nome dato a una grande varietà di cerimonie devozionali e di offerta praticate in tutte le tradizioni buddhiste. Le più antiche puja consistevano nel mettere fiori, luci e incenso di fronte ad un simbolo o ad un’immagine del Buddha.
samsara: ciclo delle vite e delle morti.
sangha: comunità o congregazione. Nel buddhismo si riferisce primariamente alla comunità dei santi e illuminati e all’ordine dei monaci e delle monache, ma ora il termine è usato per la comunità buddhista in generale.
zen: scuola del buddhismo nata in Cina sotto gli influssi del Taoismo e poi diffusa in Giappone, dove divenne la religione dei samurai.

Foto in anteprima: Pexels – Wouter de Jong (Ad uso gratuito)