Io sono ebreo. Ti racconto di me…

Noi, ebrei in Italia

La presenza ebraica in Italia risale almeno al 166 a.C. Noi ebrei facevamo parte di quella moltitudine di genti, di religioni, di lingue, di provenienze geografiche, che componevano la realtà cosmopolita dell’Impero romano, pur conservando gelosamente i propri costumi e le proprie tradizioni. Oggi in Italia esistono ufficialmente 21 comunità ebraiche, prevalentemente al centro e al nord, le cui dimensioni variano in modo anche molto considerevole da una località all’altra. Gli ebrei iscritti a queste sono circa 30mila, di cui la maggioranza vive nelle città di Roma e Milano. La cifra va aumentata di circa il 20% se consideriamo i non iscritti alle comunità locali.

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Vignetta tratta dalla graphic novel Judei de Urbe, di Mario Camerini. Leggila e potrai approfondire la storia della comunità ebraica di Roma!

Gli ebrei in Italia

I nostri inizi

Secondo la Bibbia, Abramo fu il primo dei patriarchi, cioè il “padre” del nostro popolo. La sua storia, come quella degli altri patriarchi, è raccontata nel libro della Genesi. Originario della Mesopotamia, un giorno sentì la voce di Dio che lo invitava a lasciare il suo paese e andare a ovest, nella terra di CanaanIsacco, figlio di Abramo e di sua moglie Sara, e suo figlio Giacobbe ebbero, secondo la promessa fatta da Dio a Abramo, una numerosa discendenza, che diede origine alle dodici tribù di Israele. Il figlio primogenito di Abramo, Ismaele, nato dalla schiava Agar, divenne invece il capostipite degli Ismaeliti, gli Arabi, che riconoscono in Abramo il loro antenato.
Mosè, nato in Egitto da una donna ebrea, ma allevato alla corte del faraone, è un personaggio centrale nella storia del nostro popolo: si mise a capo della sua gente, che viveva in schiavitù in Egitto, e la guidò per quaranta anni nel deserto, per tornare nella Terra Promessa ad Abramo, la Palestina. Durante il viaggio, sul monte Sinai, Mosé ricevette da Dio la Legge (Toràh).

Molti sono i protagonisti della storia di Israele, così come è raccontata nella Bibbia: accanto alle figure politiche hanno un ruolo particolare i profeti, uomini carismatici che parlavano ai re e al popolo “in nome di Dio”. I loro discorsi, raccolti spesso a molti anni di distanza dalla loro predicazione, alternano severe invettive a brani molto poetici, che annunciano la salvezza per tutto il popolo di Israele.

E la storia continua così

Fin dall’antichità, numerose comunità ebraiche erano diffuse in tutto il mondo, soprattutto lungo le vie dei commerci. Le principali erano a Roma, Costantinopoli, Babilonia, Alessandria d’Egitto. Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte dell’imperatore Tito (70 d.C.) solo una piccola minoranza di ebrei rimase in Palestina. Gli ebrei, pur essendo spesso vittime di pregiudizi e persecuzioni, si integrarono con la cultura del luogo dove vivevano, dando luogo a tradizioni molto diverse all’interno dell’ebraismo. Le principali sono la tradizione sefardita (da Sefaràd: “Spagna”), tipica degli ebrei che, cacciati dalla Spagna nel 1492, si sparsero nei paesi, prevalentemente musulmani, del Mediterraneo (Marocco, Tunisia, Turchia) e quella ashkenazita (da Ashkenàz, Europa dell’Est). La maggior parte degli ebrei ashkenaziti, che diedero un profondo contributo alla storia della cultura europea, perì durante la Seconda Guerra Mondiale: la memoria del loro sterminio organizzato dai nazisti (l’Olocausto, in ebraico shoàh) è un dovere per ogni ebreo.

Le nostre scritture

I principali libri della nostra letteratura religiosa antica sono raccolti nella BibbiaTanàkh (TNK – in ebraico: תנך) che si divide in tre sezioni: la Legge (Toràh), i Profeti (Neviìm) e gli Scritti (Ketuvìm). La Toràh è composta da 5 libri (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio) e per questo è chiamata anche Pentateuco. Il libro della Genesi contiene la storia della creazione del mondo e la vita dei patriarchi. Il libro dell’Esodo narra il soggiorno degli ebrei in Egitto e la loro uscita da questa terra al seguito di Mosé. Nel Levitico si parla soprattutto del culto, affidato ai sacerdoti appartenenti alla tribù di Levi. Nel libro dei Numeri si raccontano vari importanti episodi avvenuti durante la permanenza nel deserto. Infine il Deuteronomio raccoglie alcuni discorsi di Mosè al popolo, tra cui i primi due brani dello Shemàh (“Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno”).

Accanto alla Legge scritta nel Pentateuco, riteniamo essenziale la “Toràh orale”, ovvero quegli insegnamenti che sono stati trasmessi a voce e fissati solo tra il II e il V secolo d. C. nel Talmùd (“insegnamento”), una raccolta di discussioni avvenute tra i sapienti (hakhamìm) e i maestri (rabbi) circa i significati e le applicazioni dei passi della Legge.

In cosa crediamo

La nostra dottrina ha un valore soprattutto pragmatico: più che un sistema teologico di credenze è uno stile di vita e il suo contenuto essenziale è compiere la volontà divina. Questa volontà si esprime nella Toràh, scritta (il Pentateuco) e orale (il Talmùd), e nei precetti (mizvòt) che essa prescrive. All’uomo è stato dato il compito di completare e di perfezionare il mondo, lasciato da Dio volontariamente incompiuto, osservando le leggi di giustizia, di amore, di santità. In questo modo l’uomo non è solo servo di Dio, ma suo collaboratore.

La Torah è l’essenza del patto (berìt) che Dio ha stretto con il popolo di Israele. Il patto, rinnovato di generazione in generazione, è simbolicamente rappresentato dalla circoncisione: “Voi circonciderete la vostra carne e questo sarà il segno del patto tra Me e voi” (Genesi 17, 11). Questo segno esterno e indelebile è però soprattutto simbolo di una circoncisione più profonda che ogni ebreo deve imprimere nel suo cuore.

Per noi, un altro concetto fondamentale è quello della futura venuta del Messia. “Messia” è colui che verrà scelto dal Signore per redimere Israele e introdurre una nuova era di pace, di felicità, di bontà fra gli uomini di tutta la terra. Col suo avvento cesseranno le sofferenze, le distruzioni, le guerre. “Credo con fede assoluta nella venuta del Messia”, recita una preghiera tradizionale, “e anche se tarderà, io comunque lo aspetterò”.

Come viviamo

La consapevolezza della presenza divina deve ispirare e guidare ogni nostro atto. In ogni momento della vita se sono osservante mi devo domandare: “Come devo comportarmi per conformare la mia azione alla volontà divina?”.
Il nostro principale valore di riferimento è la giustizia, attributo principale di Dio e legge fondamentale su cui si basano i rapporti fra uomo e uomo e con il mondo stesso. “È ebreo chiunque non resti indifferente allo spettacolo delle ingiustizie commesse contro il prossimo”, diceva Abraham Joshua Heschel, un filosofo e rabbino del secolo scorso. È dunque dovere di ognuno di noi vivere e agire secondo giustizia. Ma che significa essere “giusto”? Significa considerare con benevolenza i propri simili, abbandonare ogni astio, ogni parzialità; agire con giustizia verso i bisogni altrui, sentendosi responsabili dei bisogni degli altri. È atto di giustizia, infine, rispettare sempre i diritti degli altri: non solo non recare danno a chi è vicino, ma aiutare e difendere colui che venga ingiustamente sopraffatto, anche se è uno straniero.

Il rispetto di uno stile di vita ebraico implica anche l’osservanza di norme alimentari. Per kasherùt si intende l’insieme delle norme che insegnano quali sono i cibi permessi (kashèr) e il modo di prepararli. Queste norme, oltre a vietare il consumo di alcuni cibi (carne di maiale, frutti di mare), prevedono tra l’altro le modalità di macellazione della carne, che per essere consumata deve essere del tutto priva di sangue.

Il libro a fumetti Il Gatto del Rabbino, di Joann Sfar, racconta i precetti dell’ebraismo attraverso le avventure di un gatto!

Feste, luoghi e simboli

La sinagoga costituisce il centro spirituale della nostra comunità e il luogo privilegiato della preghiera. L’architettura delle sinagoghe è generalmente piuttosto semplice.

sinagoga

Immagine tratta dal libro: Religione Perchè?, EDB

Gli elementi essenziali sono l’ “armadio sacro” (arón ha-kòdesh), che custodisce i rotoli della Legge e una lampada sempre accesa, il ner tamìd, simbolo della luce eterna della Toràh. Generalmente sono previsti spazi separati per uomini e donne. Ma il vero centro della vita religiosa ebraica è la nostra casa, considerata un “piccolo tempio”. Molte importanti celebrazioni religiose, come ad esempio la cena di Pesah, si svolgono intorno alla tavola dove la famiglia si riunisce per il pasto.

Visita ai luoghi dell’ebraismo

Lo Shabbàt, il sabato, è la festività principale del nostro calendario. Come tutti gli altri giorni esso inizia al tramonto del giorno precedente. Durante questo giorno, interamente dedicato a Dio, è previsto il riposo assoluto: dobbiamo sospendere ogni lavoro, anche cucinare, scrivere, viaggiare. La nostra tradizione ha immaginato il sabato come una sposa, che arriva il venerdì sera e deve essere accolta con tutti gli onori, in un clima di festa che coinvolge tutta la famiglia. (Benedizione del sabato, Kiddushascolta)

Le nostre festività si distinguono in due gruppi: le tre feste “di pellegrinaggio” (Pesah, Shavu’òt e Sukkòt), due feste più austere e di penitenza, Rosh Hashanà, il Capodanno e lo Yom Kippùr, il giorno dell’espiazione. Le prime commemorano momenti importanti dell’epoca biblica (l’uscita dall’Egitto, il dono della Legge sul Sinai e il cammino nel deserto verso la Terra Promessa) e coincidono con i momenti più significativi della vita dei campi (la primavera, la mietitura, la fine del raccolto). Le seconde sono momenti dedicati alla preghiera e alla penitenza, occasioni per pentirci delle nostre colpe e riconciliarci con gli altri e con Dio.

Approfondisci: Le festività ebraiche
Per approfondire vedi anche il film Un appuntamento per la sposa. Nel film si parla di Hanukkah. Conosci le radici di questa festività?
Guarda anche questo breve e simpatico video sull’Ebraismo: What is Judaism?

La nostra tradizione conosce molti simboli, legati alla religiosità quotidiana, alle feste e alla storia del nostro popolo. Ad esempio, usiamo attaccare allo stipite destro di case, stanze e negozi la mezuzàh, un piccolo rotolo di pergamena chiuso in un astuccio, come segno della sua osservanza. La menoràh, il candelabro a sette bracci, rappresenta il candelabro che si trovava nel tempio di Gerusalemme ed è fin dall’antichità uno dei simboli principali della nostra religione.

 
Una preghiera – Inno liturgico del mattino

Signore del mondo, che regnò già prima
che qualunque creatura fosse plasmata,
nel momento in cui tutto fu fatto
conforme al Suo desiderio
allora cominciò a essere chiamato re.
E dopo che tutto avrà cessato di esistere
regnerà ancora da solo, maestoso:
Egli era, Egli è,
ed Egli sarà nella gloria.

Ascoltalo in musica

Guarda il video realizzato al quartiere ebraico di Roma nell’ambito di Luoghi in dialogo-Percorsi interreligiosi a Roma

 

Hanno detto…

Liliana Segre, superstite dell’Olocausto e attiva testimone della Shoah italiana, è stata nominata senatrice a vita dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il 19 gennaio 2018. In occasione della cerimonia ha rilasciato alcune dichiarazioni sull’importanza di fare memoria per comprendere gli eventi del passato, del presente e per non ripetere gli stessi errori in futuro: «Coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare. L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo».

Intervista a Liliana Segre

Leggi anche: Gherardo Colombo e Liliana Segre, La sola colpa di essere nati, Garzanti, 2021

Approfondiamo insieme…L’ebraismo a tavola

Nella religione ebraica ci sono molti cibi con un valore simbolico specifico, specie nelle festività. Il sabato, lo Shabbat, si rende grazie a Dio per l’opera della creazione: si benedicono il vino e la challah, una treccia di pasta dolce che ricorda la manna che il Signore diede agli ebrei nel deserto. Durante Pesach, che celebra l’esodo degli ebrei dalla schiavitù di Egitto, sulla tavola troviamo pane non lievitato, che simboleggia la fretta (fuggendo, gli ebrei non ebbero il tempo di farlo lievitare), una zampa di agnello, simbolo sacrificale per eccellenza, un uovo sodo, in ricordo della schiavitù egiziana, sedanoprezzemolo e verdure intinte nell’acqua salata, in ricordo delle lacrime versate in Egitto, un composto di noci, mele e miele, in ricordo degli ebrei che fabbricavano mattoni, radici ed erbe amare, in ricordo della perdita della libertà. Nel capodanno ebraico, il Rosh Hashannah, si servono tradizionalmente cibi dolci e frutta con molti chicchi per evocare la speranza di un anno dolce e prosperoso a venire. La tradizione di Purim, che ricorda gli eventi narrati nella Meghillà di Estèr, vede lo scambio di regali culinari come le oznei haman, le orecchie di Haman, i biscotti che ricordano il cattivo Haman che voleva uccidere gli ebrei nella Persia del re Assuero. Shavuot è la festa del raccolto che celebra la consegna dei dieci comandamenti a Mosè sul monte Sinai. Tra i dolci figura il “Monte Sinai”, marzapane con uova filate e cedri canditi, profumato all’acqua di fiori d’arancio. Gli ebrei, inoltre, digiunano in varie occasioni; quello più conosciuto e praticato è il digiuno di Yom Kippur, il giorno della penitenza, dell’espiazione dei peccati e della riconciliazione.

Per approfondire:

Glossario UCEI – Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

Anna Foa, Gli ebrei in Italia. I primi 2000 anni, Laterza, 2022

Pierre Savy, Storia mondiale degli ebrei, Laterza, 2021

Viaggio illustrato nella cucina ebraica. Tradizioni, precetti religiosi, feste, letteratura, cibi, segreti e ricette da tutto il mondo, Nardini Editore, 2021

(A cura) di Rossella Tercatin, Introduzione: Riccardo Di Segni, Prefazione: Giorgio Mortara, La dieta Kasher – Storia, regole e benefici dell’alimentazione ebraica, Giuntina Edizioni, 2015

Gaia Piperno, Deborah Cohenca, Mangio kashèr : le regole alimentari ebraiche spiegate ai ragazzi, Morashà, 2008

Visita la pagina Focus Le Religioni a tavola

ebraismo

Per capirci…

berakhà: “benedizione”. La berakhà accompagna e sottolinea molte azioni della vita quotidiana. Esistono benedizioni specifiche per i diversi cibi che mangiamo e per le azioni che compiamo.
kabbalàh: “tradizione ricevuta”. Il termine indica la tradizione mistica ebraica di origine medievale, che ha inizio nel secolo XIII nella Francia meridionale e in Spagna.
kashèr/kòsher: “adeguato”. Il termine si riferisce a tutto ciò che corrisponde alle norme di vita ebraica come stabilite dalla tradizione. In particolare si riferisce alla preparazione degli alimenti e delle bevande.
mizvah, pl. mizvòt: “precetto, norma comandata”. Sono i 613 precetti che noi ebrei siamo tenuti ad osservare.
shemàh: “Ascolta”. È la più famosa preghiera ebraica che comincia con le parole “Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo” e viene citata al mattino, alla sera e prima di coricarsi.
toràh: “insegnamento, Legge”. Si designa specificamente con questo nome il Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia. La tradizione ha chiamato questi libri la toràh scritta, per distinguerla da quella orale che comprende le tradizioni e i commenti applicativi dei Maestri. Con il tempo anche la toràh orale è stata posta per iscritto, nel Talmùd.

Foto in anteprima: pexels cottonbro-studio (ad uso gratuito)