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- Scheda 4 – Donne rifugiate
Ha detto
In Congo non potevo più restare, era diventato troppo pericoloso per me. Ho lasciato lì i miei figli. Per 12 anni li ho seguiti da lontano.
Ho spedito la crema solare ogni mese, la crema per i miei figli albini, in un paese in cui essere bianchi è un problema di pelle e tanto altro. Oggi finalmente sono con me in Italia. Ho scalato tante montagne: la mancanza di un lavoro, di un alloggio stabile, l’assenza di prospettive, andando contro a chi mi sconsigliava di insistere.
(dal racconto di Myrra, rifugiata dalla Repubblica Democratica del Congo)
Si parla di … donne rifugiate
Una moltitudine senza diritti
In tutte le popolazioni di rifugiati, circa il 50% delle persone è costituito da donne e ragazze. Lontane dalla loro casa, dalla loro famiglia, senza la protezione del loro governo, le donne sono particolarmente vulnerabili. Devono affrontare le difficoltà di viaggi molto lunghi verso l’esilio e spesso l’indifferenza per la loro situazione. Rischiano di subire attacchi da parte dei soldati, appartenenti alle forze di sicurezza, gruppi armati, banditi, pirati o altri sfollati.
A volte i contrabbandieri aiutano le donne a passare il confine in cambio di prestazioni sessuali o soldi.
Nei campi profughi le donne rifugiate rappresentano quasi sempre l’unica speranza di sopravvivenza per i loro figli, proprio nel periodo in cui sono meno in grado di sopportare questo peso da sole. Ogni giorno è una sfida. Si comincia all’alba facendo la fila per l’acqua in mezzo al fango del campo. Poi, le taniche da trasportare fino alla tenda. E ancora chilometri e chilometri di cammino per raccogliere qualche ramo secco con cui cuocere gli ingredienti della razione alimentare. Cibo che, molto spesso, viene distribuito dagli uomini secondo criteri arbitrari, a volte dirottato per altri scopi venduto al mercato nero.
La maggior parte delle donne in fuga non arriva a chiedere asilo all’estero. Tuttavia, per molte, anche l’asilo non significa salvezza. Esse sono spesso soggette ad abusi da parte di poliziotti o membri delle popolazioni locali. Questo le espone al rischio di malattie, in particolare al contagio dell’AIDS nelle regioni africane.
Una piccola minoranza di donne rifugiate cerca asilo nei paesi industrializzati. Anche quando sono trattate con rispetto molte donne sono troppo spaventate per descrivere le loro umilianti esperienze davanti a stranieri.
L’impatto della crisi ambientale
Secondo l’Onu l’80% dei profughi climatici è di sesso femminile e il 70% degli 1,3 miliardi di persone che vivono in condizioni di povertà, soprattutto in zone rurali, è rappresentato da donne.
Le donne hanno molte più possibilità degli uomini di morire a causa di un disastro naturale poiché dipendono maggiormente dalle risorse per il sostentamento della comunità, come ad esempio l’approvvigionamento idrico per mandare avanti la casa, o quello energetico per cucinare e riscaldarsi, dato che la sicurezza alimentare dei propri figli dipende direttamente da loro.
Eppure non hanno quasi mai accesso diretto a risorse come la terra, il micro credito, i fattori di produzione agricoli e non riescono ad incidere nelle strutture decisionali locali per sfruttare la tecnologia esistente. Inoltre la progressiva scarsità d’acqua amplifica notevolmente il carico di lavoro femminile in termini di approvvigionamento idrico o raccolta di legna da ardere.
Nella maggior parte dei casi sono le bambine ad essere incaricate della raccolta d’acqua, ne consegue dunque un’impossibilità di continuare gli studi e il precoce abbandono delle attività scolastiche.
Le iniziative internazionali per le donne
Nella quarta Conferenza mondiale dell’ONU sulla condizione femminile tenutasi a Pechino nel 1995, è stato affrontato il tema dell’uguaglianza, dello sviluppo e della pace. La Conferenza si è conclusa con l’approvazione di una piattaforma d’azione e di un documento di principi: la Dichiarazione di Pechino.
Le richieste ai governi sono state le seguenti:
- riaffermare l’impegno preso due anni prima alla Conferenza di Vienna sui Diritti Umani, riguardo l’universalità e l’indivisibilità dei diritti umani delle donne;
- riconoscere la violenza inflitta dai governi alle donne e impegnarsi a sradicarla; portare i colpevoli davanti alla giustizia e prevedere un risarcimento per le vittime; affermare che lo stupro durante i conflitti armati rappresenta una violazione dei diritti umani e impegnarsi a rispettare le leggi internazionali sui diritti umani durante i conflitti armati;
- impegnarsi a sradicare forme di violenza quali le mutilazioni genitali femminili; la violenza in famiglia e nella società; fare in modo che i diritti umani delle donne attiviste siano garantiti e rispettati;
- sforzarsi di ratificare e mettere in atto i trattati internazionali che hanno un impatto sui diritti umani delle donne.
La maggior parte di questi temi non è stata purtroppo al centro del dibattito in molti Paesi e inoltre alcuni governi hanno espresso riserve sulla Piattaforma concordata, selezionando di fatto i punti su cui intendono impegnarsi e scartandone altri.
Nel 2005 le delegazioni di oltre 100 Paesi si sono riunite a New York per verificare i traguardi raggiunti a dieci anni dalla Conferenza di Pechino. Molti i passi in avanti fatti in alcuni ambiti come l’istruzione, la partecipazione politica e l’eliminazione di leggi discriminatorie. Rimane comunque grave la situazione per molte donne in tante aree del mondo dove l’uguaglianza di genere è un obiettivo lontano. Ancora troppe le violenze contro le donne, soprattutto nelle aree di conflitto.
Parole da leggere, parole da ascoltare
Canzoni, racconti, video per descrivere storie di donne in esilio.
In questa sezione potete trovare canzoni ispirate a questo tema e testimonianze dirette di donne che sono state costrette a scappare da guerre ingiuste e da atroci persecuzioni. La lettura, la visione e l’ascolto di questi contenuti vi permetteranno di conoscere meglio la realtà delle donne rifugiate.
Donne rifugiate: più sole, più indifese
Di seguito due testimonianze di donne e delle loro storie di coraggio raccolte dal Centro Astalli. Private della protezione della loro casa e spesso della loro stessa famiglia, le donne rifugiate sono particolarmente vulnerabili. Spesso devono affrontare lunghi viaggi per cercare rifugio fuori dal proprio paese e, anche quando sembrano aver trovato un luogo apparentemente sicuro, devono sopportare indifferenza e talvolta anche molestie e abusi sessuali. Le donne rifugiate affrontano tutto questo mentre sono madri, insegnanti e capofamiglia.
Le donne rifugiate portano il futuro
Sono una pittrice, insegnavo arte ai bambini in una scuola di Teheran. La dittatura ha distrutto la mia vita di allora. Ho perso tutto ciò che mi sembrava normale, ovvio, naturale. Essere una donna rifugiata è difficile e doloroso. Spesso, sole in un paese straniero, siamo esposte a tanti pericoli. Ma noi rifugiate abbiamo sogni, talenti, determinazione e tanta forza.
Possiamo promuovere idee, progetti, realizzare società più giuste e aperte perché ciò che vogliamo più di ogni altra cosa è costruire. Costruire rapporti, costruire ponti, legami e nel mio caso in particolare costruire opere d’arte. Lo facciamo ogni giorno con le parole, con le azioni, con la capacità di perdonare, perché siamo più forti del male che ci hanno fatto. Noi donne rifugiate non vogliamo portare rancore, portiamo speranza. Vogliamo promuovere non reprimere. Noi rifugiate, guardiamo avanti, realizziamo il futuro perché siamo generatrici di speranza.
Soheila, rifugiata iraniana in Italia. Testimonianza raccolta a cura del Centro Astalli
Lontana da casa
Non sapevo di aspettare Carol quando sono arrivata in Italia. Sarebbe stata una gioia immensa questa gravidanza se avessi avuto con me mio marito. Ero terrorizzata all’idea di doverla crescere da sola in un paese straniero, dove anche le cose più semplici mi sembrano montagne da scalare. La guerra mi ha tolto tutto anche il desiderio di diventare mama. Ma poi è arrivata lei e tutto il resto non conta. Occuparsi di una neonata è impegnativo e a volte ho paura di non farcela. Combatto ogni giorno per me e per lei che deve crescere lontana dalla guerra a ogni costo. Più di ogni altra cosa vorrei tornare a casa mia ad Addis, essere madre come lo è stata la mia, con una famiglia che ti aiuta, ti sostiene e non ti lascia mai. Ma se torno lo so che mi ammazzano come hanno fatto con mio marito e mio fratello.
Mary, rifugiata etiope in Italia. Testimonianza raccolta a cura del Centro Astalli
Storia di Brigitte
Finito il giro dei pazienti, ho incontrato l’uomo che mi aspettava. Un gigante, corpulento, vestito con un completo scuro di buon taglio, gli occhi tondi e duri come quelli di un corvo. Ogni suo gesto rivelava l’abitudine all’esercizio dell’autorità. Sei tu Brigitte Zébé? mi ha chiesto. Sì, ho risposto. Abbiamo un problema con te. L’ho invitato a seguirmi nel mio ufficio. Hai ricoverato dei feriti dopo la manifestazione? Ho molti malati, qui.
Mi hanno mandato da te. Sei fortunata, la tua vita sta per cambiare. Starai benissimo. Lo vedi questo assegno? È a tuo nome. Vale centomila dollari. Vai in banca e potrai incassarlo.
Non devo incassare nessun assegno. Il gigante ha mostrato un tesserino. L’ho guardato senza troppa attenzione. Ho visto che era un colonnello dell’esercito. Lì per lì non mi sono preoccupata. Non avevo violato la legge. Avevo le autorizzazioni per la clinica. Molti ambulatori e cliniche private sono improvvisati, illegali, ma Dieu le veut era in regola. Il colonnello ha poggiato un flacone sulla mia scrivania, una bottiglia da forse un litro, come quelle per l’acqua minerale, con l’etichetta bianca. L’ho riconosciuta subito.
Non è difficile. Al giro della sera, devi solo fare sette iniezioni. Sono cristiana. Ho studiato per curare la gente, non per ucciderla. Sette iniezioni. Non lo posso fare. Sette iniezioni. Sono un’infermiera.
Non gliel’ho detto, perché non sarebbe servito a nulla, il colonnello sapeva già e non gliene importava niente, ma io ho recitato il giuramento di Ippocrate. Giuro di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente.
Va bene Brigitte, se non vuoi, me ne vado. Il colonnello si è ripreso la bottiglia se n’è andato. Era una bottiglia di formol. È un farmaco abortivo. Serve anche a imbalsamare i cadaveri. Ma iniettato in dose massiccia provoca la paralisi e la morte.
Tratto da Melania Mazzucco, “Io sono con te. Storia di Brigitte”, Einaudi, 2016
Per saperne di più navigando in rete
In questa sezione trovate l’elenco di alcuni siti web in cui potete reperire informazioni e notizie che vi aiutino ad approfondire la conoscenza della realtà di molte donne costrette a fuggire dal loro Paese a causa di guerre e persecuzioni. Si tratta di una delle categorie più vulnerabili tra i rifugiati.
UNHCR: digitando “women” si arriva a un’ ampia sezione sulla tematica delle donne rifugiate
ICRC: dal sito della Croce Rossa Internazionale
AMNESTY: digitare “donne”
WOMEN’S REFUGEE COMMISSION: sito di un’importante associazione internazionale per la protezione delle donne e dei bambini rifugiati
UN WOMEN: agenzia ONU sull’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne
END FGM: End FGM EU è una rete europea di 30 organizzazioni che lavorano per garantire la fine delle mutilazioni genitali femminili
Se vuoi approfondire con libri e film
Le vicende legate alle migrazioni e all’esilio delle donne vittime di persecuzioni hanno spesso ispirato scrittori e registi italiani e stranieri.
Numerosi i film e i libri che vi permetteranno di approfondire la realtà delle donne rifugiate.
NGUYỄN PHAN QUẾ MAI, QUANDO LE MONTAGNE CANTANO, EDITRICE NORD, 2021

CAROL DYSINGER, LEARNING TO SKATEBOARD IN A WARZONE (IF YOU’RE A GIRL), GRAN BRETAGNA, 2019
