Ai tempi del tempio di Gerusalemme, per la comunità ebraica, era abituale impiegare la musica durante il culto.

Venivano utilizzati numerosi strumenti musicali, tra i quali il nebhel – arpa grande, il kinnor – arpa piccola, il tof, il tamburello, lo tziltzal, il cimbalo e numerosi strumenti a fiato come la halil – grande zampogna e lo shofar, il corno di ariete.

Lo shofar è un piccolo corno di montone utilizzato come strumento musicale, soprattutto durante alcune funzioni religiose ebraiche, in particolar modo durante il Rosh Hashana, il capodanno ebraico, e lo Yom Kippur, il giorno del digiuno. Lo strumento è menzionato spesso nella Torah, nel Talmud e la letteratura rabbinica successiva. Fu il suono dello shofar, suonato dalle nubi che ricoprivano la cima del monte Sinai, che fece tremare il popolo di Israele (Esodo 19,20).
Lo strumento vocale con il tempo ha acquisito, inoltre, sempre più risonanza, specie nella composizione corale.

Infatti, nella Torah ritroviamo numerose testimonianze che attestano l’uso di cantare e suonare nei momenti di gioia come espressione di lode al Signore.

Oggi, nel mondo, esistono diversi cori ebraici che, attraverso la musica, portano di nazione in nazione la storia e le millenarie tradizioni dell’ebraismo. Nel 2014, sbarcato per la prima volta in Italia, ha avuto luogo a Roma il Festival Europeo dei Cori Ebraici.

Coro Ha-Kol – Halcha Lekeisarya (Eli, Eli)

Il Coro HA-KOL (La Voce) è stato fondato nel 1993 nella Comunità Ebraica di Roma, una tra le più antiche d’Europa. Ha come obiettivo quello di riscoprire, conservare e divulgare, anche al di fuori della sinagoga, le tradizioni musicali ebraiche delle varie epoche. Il repertorio si è progressivamente arricchito, accogliendo musiche del mondo ebraico sefardita e ashkenazita, come pure del musical contemporaneo, ispirato ad argomenti di vita ebraica. Il Coro Ha-Kol ha fatto suo l’insegnamento di Giacobbe: “Prendete la melodia della terra di Israele”(Gen. 43,11).
Un rap per la pace…

Matthew Paul Miller, in arte Matisyahu, nasce a West Chester in Pennsylvania (Usa), da una famiglia ebraica ortodossa. Dopo un primo allontanamento dalla religione, si riavvicina alla sua fede e comincia uno studio intenso della Torah. Nel 2001 inizia scrivere canzoni i cui testi, attraverso varie sonorità (rap, l’hip hop, reggae), scelgono di usare la musica per predicare la fratellanza tra i popoli: «Per me, il punto è andare dove non c’ è spiritualità e portare nuovi messaggi. Così la musica può servire anche per unire popoli e abbattere barriere, come quelle tra ebrei e arabi». Il brano “One day”, in cui il cantante si augura che, con l’aiuto nel Signore, un giorno, possa cessare la violenza e l’odio tra popoli.

Matisyahu – One day
La preghiera delle madri

Nel 2014 in Israele è nato il movimento delle “donne per la pace”Women Wage Peace, che nell’ottobre 2016 ha raccolto in una marcia per la pace dal nord di Israele a Gerusalemme circa 4mila donne coraggiose di diverse religioni.

La cantante israelo – canadese Yael Deckelbaum ha scritto il brano The prayer of the mothers, la preghiera delle madri. Il brano, realizzato in lingua ebraica e araba, è stato cantato da centinaia di donne ebree e musulmane durante la marcia di 200 km verso Gerusalemme; madri e donne di tutte le religioni si ritrovano insieme a cantare, ognuna secondo la sua tradizione e cultura, ma unite dal desiderio di costruire insieme una convivenza possibile.

Yael Deckelbaum – The prayer of the mothers

Il Cristianesimo, nelle sue varie ramificazioni, ha sviluppato nel tempo varie forme di musica religiosa.

È possibile distinguere la musica sacra dalla musica liturgica da quella spirituale.

La musica sacra è una musica considerata come essenziale a una persona o a una comunità, dal punto di vista religioso. Può contenere testi sacri o preghiere e può avere un carattere individuale e/o comunitario. La musica liturgica è una musica legata al rituale liturgico, specifica per determinati culti. La musica spirituale è una musica che permette di elevare l’anima a Dio, senza essere però obbligatoriamente inserita in un contesto di una pratica religiosa. Anche una musica “profana” può essere considerata spirituale.

Una musica religiosa può anche essere una combinazione di questi tre caratteri.
In particolare, la Chiesa cattolica, considera musica sacra il canto gregoriano, la polifonia sacra antica e moderna nei suoi diversi generi, la musica sacra per organo e altri strumenti ammessi nella liturgia, e il canto popolare sacro, cioè liturgico e religioso.

Canto in aramaico per Papa Francesco in visita nella cattedrale di Svetitskhoveli in Georgia

L’organo, che ha tuttora un ruolo di primo piano nella musica sacra e nella liturgia, è uno strumento musicale della famiglia degli aerofoni che viene suonato per mezzo di una o più tastiere e di una pedaliera il cui suono è prodotto da un sistema di canne, metalliche o di legno.
Prima di essere scelto come strumento privilegiato all’interno delle varie chiese europee d’impronta cristiana, ha svolto diversissime funzioni, nel mondo ellenico, bizantino, romano e medievale.
Nell’872 papa Giovanni VIII chiese l’invio a Roma di un organo costruito in Baviera, assieme allo specialista che sapeva suonarlo, per l’apprendimento della musica da parte dei chierici romani.

A seguito della riforma protestante la traduzione dei testi in lingua volgare, nelle chiese cristiane vennero introdotti i canti popolari. La forma corale era quella prediletta e coinvolgeva i partecipanti alla funzione. La parola cantata permetteva, infatti, anche ai credenti incolti di imparare facilmente le preghiere e i temi della fede cristiana.

Uno dei canti popolari sopravvissuti in America fino ai giorni nostri è lo Spiritual, precursore del più conosciuto genere Gospel (vangelo), la cui nascita è strettamente legato all’Africa e alla schiavitù dei neri nelle colonie americane. Gli schiavi infatti usavano spesso gli inni religiosi per darsi coraggio e per riprodurre anche la loro religiosità in un contesto altro, duro e difficile. A volte i temi legati alla vita ultraterrena rappresentavano invece la speranza di liberazione dalla schiavitù.

Quando i loro padroni gli vietavano di usare i loro strumenti musicali o di cantare musica religiosa, inizio a prendere piede il genere musicale chiamato worksong, i canti da lavoro o grida nei campi, che gli schiavi usavano, oltre che per dare un ritmo al lavoro anche per scambiarsi messaggi in codice. Da qui nasce il blues, con il famoso ritmo shuffle, che imita attraverso il ritmo, il suono delle catene trascinate a cui erano legati gli schiavi. Oggi, nel mondo, i cori gospel sono molto numerosi, soprattutto nelle cosiddette chiese nere degli Stati Uniti.

A seguito della riforma protestante la traduzione dei testi in lingua volgare, nelle chiese cristiane vennero introdotti i canti popolari. La forma corale era quella prediletta e coinvolgeva i partecipanti alla funzione. La parola cantata permetteva, infatti, anche ai credenti incolti di imparare facilmente le preghiere e i temi della fede cristiana.

Oggi, nel mondo, i cori gospel sono molto numerosi, soprattutto nelle cosiddette chiese nere degli Stati Uniti.

Per approfondire, leggi il libro: La musica dei neri americani. Dai canti degli schiavi ai Public Enemy” di Eileen Southern
L’ Harlem Gospel Choir, affettuosamente chiamato dai suoi fans “Gente di Dio che viene da Harlem”, è il coro gospel più famoso d’America e uno dei più celebri in tutto il mondo.
Fondato nel 1986 da Allen Bailey, il coro è composto dalle più raffinate voci e dai migliori musicisti delle chiese nere di New York, che da anni portano la loro musica in diversi Paesi.
L’obiettivo è quello di far comprendere meglio la cultura afro-americana e la musica gospel con il tema “bringing people & nations together”, ovvero il desiderio di riconciliare i popoli e le nazioni condividendo la gioia della Fede attraverso la musica.
Harlem Gospel Choir – Amazing Grace
Curiosità: Il musicista – pastore di Porto Rico…

Aleexis Velez Alberio, in arte Alex Zurdo nasce il 10 giugno del 1983, nella città di Trujillo Alto, Porto Rico. A 11 anni scrive le sue prime canzoni rap e a 13 impara a suonare il pianoforte. Quando ne compie 19 comincia a frequentare la chiesa cristiana Centro internacional de Alabanza (CIA) e con il passare degli anni si rende conto che con le sue doti artistiche avrebbe potuto raggiungere più persone con il messaggio della salvezza iniziando così il suo ministero musicale.

Proponiamo uno degli ultimi brani del rapper, El Pastor, che racconta il dissidio interiore di un pastore alle prese con le problematiche della sua comunità, che mette la sua vita nelle mani di Dio.

Ascolta il brano “El Pastor” di Alex Zurdo

Alex Zurdo – El Pastor

Approfondimento tematico: La messa cantata tra classicità e innovazione

La messa cantata, nell’arco dei secoli, è stato uno degli elementi che ha permesso al Cristianesimo di inculturarsi nei differenti continenti, assumendo forme musicali tipiche dei luoghi, pur mantenendo intatto il messaggio cristiano, esplicitato frequentemente dal testo latino, lingua ufficiale della Chiesa fino al Concilio Vaticano II.

Le origini: La messa come genere musicale ha avuto il momento di massimo splendore durante il Rinascimento, quando venne utilizzata come mezzo espressivo privilegiato da molti compositori. Molte messe importanti furono composte da Josquin Des Prez. Famosa la messa Et ecce terrae motus a 12 voci di Antoine Brumel. Alla fine del XVI secolo, le corali contrappuntuali a cappella raggiunsero l’apoteosi con le messe dell’inglese William Byrd, dello spagnolo Tomás Luis de Victoria e dell’italiano Giovanni Pierluigi da Palestrina. Famosa la Missa Papae Marcelli  a cui si deve, secondo la tradizione, che il Concilio di Trento non abbia censurato la polifonia. Dopo il Rinascimento, la Messa non fu più il genere al centro dell’attenzione di ogni compositore, anche se alcuni dei più famosi capolavori del barocco, del periodo classico e romantico sono proprio delle messe. Tra queste, la Messa in Si minore di Johann Sebastian Bach, la Messa in Do minore di Wolfgang Amadeus Mozart, le messe di Joseph Haydn, la Missa Solemnis e la Messa in Do Maggiore di Ludwig Van Beethoven. Altre messe importanti sono state composte dopo Schubert, ma si tratta quasi invariabilmente di Requiem.

Le parti: la messa è una composizione musicale che comprende un insieme coerente di parti, che potevano anche servire come accompagnamento alla liturgia eucaristica o Celebrazione Eucaristica, prevalentemente quella della Chiesa cattolica, ma anche della chiesa anglicana o luterana.
I testi cantati sono generalmente in lingua latina, ma dopo il Concilio Vaticano II (anni ’60) si comincia a tradurre i testi nelle rispettive lingue dei paesi.
Nel tempo, soprattutto a partire dalla polifonia (periodo rinascimentale), la messa si è stabilizzata nei seguenti momenti: KyrieGloriaCredoSanctus ed Agnus Dei, pezzi cioè che sono comuni a tutte le celebrazioni liturgiche.

Le messe cantate nel mondo
La Missa Luba, G. Hazen

La Missa Luba è un arrangiamento della Messa Latina cantata in stile tradizionale della Repubblica Democratica del Congo. L’arrangiamento è di Padre Guido Haazen, un frate Francescano Belga, ed originariamente è stata eseguita e registrata nel 1958 da “Les Troubadours du Roi Baudouin”, un coro di adulti e bambini della città Congolese Kamina nella provincia di Katanga.

Storia: Padre Guido Haazen (27/09/1921 – 20/08/2004) dell’Ordine dei Frati Minori, riceve la carica di direttore della “Kamina Central School” nel Congo Belga nel Settembre 1953. Nel giro di poche settimane costituisce un coro di voci maschili e percussioni, composto da circa 45 ragazzi e 15 adulti. Nel 1957 riceve l’autorizzazione per nominare il coro “Les Troubadours du Roi Baudouin” in onore del re belga Baudouin. Nello stesso anno iniziano a sviluppare la Missa Luba prendendo spunto dalle improvvisazioni dei canti tradizionali. Viene eseguita per la prima volta nella Comunità Cattolica di S.Bravo a Kamina il 23 Marzo 1958. Il giorno dopo il coro parte per un tour dell’Europa, dove esegue la Messa e canti tradizionali Congolesi in Belgio, Olanda e Germania.In questo periodo viene registrata la Missa Luba eseguita da Les Troubadours du Roi Baudouin e il solista Joachim Ngoi, un insegnante della Kamina Centralchool.
Inizialmente la musica non viene scritta, ma viste le richieste di cori che volevano eseguire la Missa Luba, Padre Hazen pubblica una trascrizione della versione registrata nel 1964 e una nuova versione nel 1969.
Il Kyrie è nello stile di una kasala, una canzone di cordoglio Luba. Il Gloria è improvvisato nello stile kiluba, tradizionale del Katanga. Il Credo, la sezione più lunga della Messa, si basa su 5 differenti canti tradizionali legati da improvvisazioni. Il testo del Credo si riferisce alla crocifissione di Cristo e la parte cantata è preceduta dal tradizionale annuncio di morte, prima dal kyondo e poi dal kikumvi (percussioni tradizionali).
Segue un kilio, un’elegia cantata dalla voce solista senza l’accompagnamento delle percussioni.
Il Sanctus e il Benedictus si ispirano ad un canto di commiato Bantu.
L’Hosannah è una danza ritmica del Kasai e l’Agnus Dei è una canzone tradizionale della provincia di Lulua.

La Missa Luba nella musica e nel cinema
Sono diverse le occasioni in cui ritroviamo brani della Missa Luba nella cinema. Il kyrie lo troviamo nel film Messicano Un alma pura (1965) e nel film americano The Singing Nun (1966). Il sanctus appare con insistenza nel film di Lindsay Anderson del 1968 Se… (orig. If…), con cui la Missa Luba venne identificata per diverso tempo.
La possiamo riconoscere anche in Viaggio mortale (orig. Deadly Voyage 1996) in cui accompagna i titoli di coda, L’altra metà dell’amore (orig. Lost and Delirious 2001) e Non lasciarmi (orig. Never Let Me Go 2010).
Clash fanno riferimento alla  Missa Luba nel testo di “Car Jammin” nell’album Combat Rock del 1982. La copertina dell’album dei Troubadours appare brevemente nel film di Stanley Kubrick Arancia Meccanica (orig. A Clockwork Orange 1971).
Pierpaolo Pasolini la utilizza come parte della colonna sonora del film Il Vangelo secondo Matteo (1964).

Dove ascoltare la Missa Luba:

Kyrie: versione originale – Kyrie: versione di Antonella Ruggiero – Agnus Dei: versione originale

La Misa Criolla, Ariel Ramirez

La Misa Criolla, – messa per contralto, tenore, coro misto, percussioni, tastiera e strumenti andini – è considerata una delle opere più rilevanti della musica argentina, premiata con dischi d’ oro e platino. Splendida sintesi tra musica sacra, popolare e folcloristica, caratterizzata dalla presenza di strumenti e ritmi tipici della tradizione popolare latino-americana, è unica nel suo genere: in essa i ritmi e la tradizione ispano-americana si intrecciano con i temi della tradizionale messa religiosa. L’opera, espressione di un sentimento universale, legato al desiderio di pace esistente in tutte le culture umane, è considerata “di importanza religiosa universale.”

L’autore: Pianista e compositore argentino, Ariel Ramirez scrisse la sua opera nel 1963, proprio quando il Concilio Vaticano II iniziava a consentire la celebrazione della Santa Messa in lingua volgare e non più in latino. Dopo la II guerra mondiale, Ramirez lasciò la carriera di insegnante per eseguire musica in Europa, ed un incontro con un gruppo di suore nel sud della Germania lo portò a contemplare la scrittura di un pezzo spirituale che si è successivamente evoluto nella Misa Criolla. La canzone era un omaggio alla dignità umana, al coraggio e alla libertà, un messaggio distinto di amore cristiano. Ramirez stesso racconta: “Sentivo che dovevo scrivere qualcosa di profondo e religioso che rendesse onore alla vita e coinvolgesse le persone oltre il loro credo, razza, colore od origine”.

Ramirez concilia il fervore religioso con l’elemento folcloristico dando ad ogni sequenza della messa un elemento di originalità: il Kyrie apre la messa con i ritmi della vidala e della baguala, due forme espressive particolarmente rappresentative della musica folcloristica creola argentina che comunicano il senso di solitudine che si vive nell’altipiano deserto;

Il ritmo del Gloria evoca il senso di gioia condivisa implicita in questa parte della messa: le due sezioni del Gloria sono separate da un recitativo (Yaravi) che rende la cadenza del carnavalito più brillante quando esso riprende con l’accompagnamento ritmico completo.

La chacerera trunca, un tema popolare dell’Argentina centrale, è la base del Credo: il suo ritmo ossessivo accentua la professione di fede e la sezione si conclude con le parole finale della preghiera che riaffermano il trionfo della vita eterna.

Il Sanctus prende invece le mosse dal Carnaval de Cochahamba, uno dei ritmi più suggestivi del folclore boliviano e, infine, l’Agnus Dei conclude la messa sullo stile della Pampa argentina; come nel Kyrie iniziale si crea un’atmosfera di solitudine e distanza, mentre attraverso un semplice recitativo si esprime l’attesa universale della pace.

Il testo della Misa è un adattamento alle linee liturgiche del Concilio Vaticano II, approvate dalla Comisión Episcopal para Sudamérica nel 1963.

L’ opera é pubblicata nel 1964 e incisa in cd nel 1965, con il famoso gruppo folcloristico Los Fronterizos, la Cantoría della Basílica del Socorro e un’orchestra integrata da strumenti regionali, diretta dallo stesso Ramírez.

Dove ascoltare la Misa Criolla:

Versione originale 1964 – Kyrie: versione Jose Carreras – Mercedes Sosa – Misa Criolla – Agnus Dei

La Misa por el tercer mundo

Niente e nessuno mi potrà impedire di servire Gesù Cristo e la sua chiesa, lottando insieme ai poveri per la loro liberazione. Se il Signore mi concedesse il privilegio – che non merito – di perdere la vita in questa impresa, io sono a sua disposizione.” (Padre Carlos Mugica, 1971)

Il testo della “Misa para el Tercer Mundo” è stato scritto dal Padre Carlos Mugica, tragicamente assassinato in Argentina nel 1974 per mano di sicari del gruppo terrorista parastatali denominati Alianza Anticomunista Argentina (AAA).

Padre Carlo Mugica fu membro del Movimiento de Sacerdotes Para el Tecer Mundo, che si formò nel contesto del Concilio Vaticano II e sull’onda della Teologia della Liberazione; rinunciando ad una vita comoda e tranquilla desiderò vivere in una parrocchia di un quartiere periférico per stare con la gente povera e lavoratrice.

Mugica fu un sacerdote scomodo per i settori dell’ultradestra del peronismo e l’11 maggio del 1974 cadde in una imboscata proprio alla della chiesa di San Francesco Solano dove aveva appena terminato di celebrare la messa.

Dicono che le ultime parole di Mugica furono: “Ora, più che mai, è necessario stare insieme al popolo!”

Nel 1974 Carlos Mugica finì di scrivere il testo della “Misa para el Tercer Mundo” e il disco fu registrato e pubblicato per la casa discografica RCA, con la collaborazione del Grupo Vocal Argentino, composto da Amílcar Scalisi (controtenore), Galo García (baritono), Luis María Batallé (baritono-basso, Jorge Raúl Batallé (basso) y Fernando Collados (controtenore), che musicò la opera utilizzando ritmi autoctoni, africani e asiatici.

L’arrangiatore dell’opera fu Roberto Lar e parteciparono 50 musici, tra i quali Oscar Alem, Domingo Cura, Luis Ferreyra, Enrique Díaz, Domingo Mancuso y Rafael Morelli. I temi inclusi nell’album sono quelli tradizionali della musica cattolica come il Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus y Agnus Dei, registrati tra il 10 di dicembre del 1973 y l’8 di gennaio del 1974.

La copertina del disco rappresenta la immagine del Cristo del Pan de Azúcar in Brasil, perché era sede del Movimiento de Sacerdotes para el Tercer Mundo al quale Padre Mugica apparteneva.

La “Misa para el Tercer Mundo” apparve 4 mesi dopo l’assassinio di Carlos Mugica, con 50000 copie, lo stile del sacerdote era molto evidente in particolar modo nel testo, che i suoi nemici, appartenenti al governo di Isabel Peròn non poterono sopportare. Per questo motivo alla stessa maniera in cui avevano posto fine alla sua vita, si incaricarono di eliminare questo suo ultimo lavoro: poco dopo la pubblicazione dell’opera sequestrarono e distrussero le copie dell’opera e si proibì la sua presentazione che si sarebbe dovuta tenere il 23 settembre del 1974 presso l’Istituto di Cultura Religiosa Superiore.

La misa è suddivisa nelle classiche parti (Kyrie, Gloria, Credo…) tuttavia i testi sono una reinterpretazione in chiave attuale e culturale dei testi della messa latina. Le preghiere liturgiche sono scritte con un linguaggio diretto e con un contenuto sociale molto forte, mentre l’accompagnamento musicale si rifà a riti africani e latino-americani: la lotta contro la povertà, la libertà, la dignità dell’uomo, la giustizia, l’importanza della terra come dono di Dio e non come proprietà privata di pochi sono le tematiche sviluppate nei testi.

Dove ascoltare la Misa por el tercer mundo: Gloria – Misa por el tercer mundo

La Misa Flamenca

La liturgia cattolica e il Flamenco hanno influenzato profondamente la vita e le tradizioni dell’Anadalusia durante i secoli.

La messa flamenca, scritta da Paco Peña desidera unire le due tradizioni: la messa cattolica e il canto flamenco che procede da una tradizione orale propria di un popolo che si esprime attraverso la forma di un grido incontrollabile. Se da un lato la messa è un veicolo con il quale le persone si possono avvicinare a Dio, dall’altro il flamenco è un’arte con una forte carica emozionale che trascende il mero atto fisico del cantare per arrivare a collocarsi in un piano spirituale. Così le espressioni unite della messa religiosa e del canto flamenco possono raggiungere uno stato emozionale molto profondo.

Il lavoro di Paco Peña nel comporre questa messa è stato di adattare i testi tradizionali della messa cattolica spagnola; successivamente il compositore utilizzò la sua ampia conoscenza della tradizione flamenca e delle forme tradizionali del flamenco che più si adattassero ai testi sacri. In questa messa, tanto l’elemento classico come i canti flamenchi si relazionano tra loro, creando un effetto musicale profondo e di unità.

Inoltre, un gruppo speciale di artisti di flamenco composto da cantori, chitarristi, percussionisti e un coro di 20 voci rendono l’esecuzione unica nel suo genere.

Dove ascoltare la Misa Flamenca: Santo – Canto Penitenziale

 

Il sufismo è la forma di ricerca mistica o altrimenti detta la dimensione esoterica dell’Islam, che riguarda la conoscenza diretta di Dio, anche attraverso la musica e i movimenti del corpo.

I sufi appartengono a diversi ordini, formatesi attorno ad un maestro. Si riuniscono spesso per la ricerca contemplativa condivisa, una sorta di unione spirituale chiamata majalis, in luoghi d’incontro detti zawiyakhanqa o tekke.


La preghiera avviene con l’accompagnamento del nay, il flauto di canna, dei tamburi, di cordofoni, ma anche attraverso la voce, con la ripetizione della sillaba hu, Lui, Allah, a cui seguono quelle della professione di fede: La illaha illa-llah, “Non c’è Dio all’infuori di Dio”. Così facendo, i Sufi riescono a proiettarsi in una dimensione spirituale e a percepire il suono etereo della Creazione, la voce di Dio che l’umanità dimentica quando, nascendo, il corpo materiale imprigiona l’anima.
La hadra è il rito spirituale centrale degli ordini sufi è lo sforzo di tutti i partecipanti di essere alla presenza del Divino.

A Roma è presente l’ordine sufi Tariqa Burhaniya Disuqiya Shadhuliya – (tariqa), fondato da Sayyidi Abul Hasan ash-Shadhuli e da Sayyidi Ibrahim Disuqi nel tredicesimo secolo, ai quali sono seguiti numerosi maestri . È una confraternita, aperta sia agli uomini che alle donne, che raccoglie numerosi seguaci in tutto il mondo, ma che affonda le sue radici soprattutto in Africa.

Cantare le Qasaid, raccolta di poemi del maestro Mawlana Sheykh Muhammad Uthman Abdul Burhani, è un elemento centrale della pratica spirituale dell’ordine sufi Tariqa Burhaniya.

Le qasad – la musica da dentro – Finora, esistono 95 brani, scritti in lingua araba, in cui si loda Allah, i profeti, i santi e le sante. Il canto delle qasaid viene dal cuore per toccare il cuore. Il ritmo è basato su un regolare battito del cuore, dato dal battere delle mani o dai tamburi la cui velocità aumenta spesso con l’aumentare delle emozioni. Il cantore principale introduce il ritornello a sua scelta e il coro lo ripete (anche due volte) dopo ogni verso che il cantante intona. Vi sono poi i sama’i, detti anche qasaid “silenziose”, in cui solo una voce, senza alcun accompagnamento, è libera di seguire la sua ispirazione.
Curiosità: Una raccolta di musica sufi…

Nel mondo numerosi cantanti hanno fatto propria la musica sufi, rivisitandola e incorporandola nel proprio repertorio. Nel 2010 alcuni artisti del continente asiatico, come A.R Rahman e Barkha Baha, hanno avvicinato la musica sufi alle nuove generazioni con una compilation di canzoni sufi, Sufiaana, divise in 5 categorie: Sufi LoveSufi EuphoriaSoulful SufiTimeless Sufi e Traditional Sufi.

La canzone O Re Piya di Aaja Nachle, è tratta dalla categoria Sufi Love, che ripropone le colonne sonore sufi dei film più popolari.

Aaja Nachle – O Re Piya
Curiosità: Mona Haydar, la rapper che difende i diritti delle donne

Mona Haydar è una rapper, poetessa, attivista, meditatrice, e instancabile appassionata di Dio. Pratica una vita di sacro attivismo, poesia, contemplazione e advocacy. Oltre a tenere concerti, continua a eseguire la sua poesia, offre workshop e tiene ritiri, conferenze e insegna nelle università di tutto il mondo.

La canzone di debutto di Mona Haydar, Hijabi – Wrap My Hijab è stata definita una delle migliori canzoni di protesta del 2017, nominata uno dei 25 migliori inni femministi di tutti i tempi. Cresciuta a Flint, nel Michigan, come siriana e americana, Mona ha sviluppato il suo suono che è profondamente radicato nella sua sensibilità e identità plurale. Il suo scopo è quello di far emergere il ruolo del velo islamico, l’Hijab, e gli aspetti principali dell’Islam.

Canti di pace dal mondo islamico…

Sami Yusuf è un famoso cantautore britannico di origine azera.  La musica di Yusuf ha come principale tema l’Islam e l’essere musulmani al giorno d’oggi, ma tratta anche molte questioni sociali e umanitarie.

Lo scopo della sua musica è quello di promuovere un messaggio dell’amore, di ringraziamento al divino,  di pace e di tolleranza, incoraggiando i giovani ad essere orgogliosi della propria appartenenza religiosa.

Sami  Yusuf – Forgotten promises

 

Nel Buddhismo la musica e il canto hanno un forte valore simbolico, specie durante le cerimonie monastiche e nei momenti dedicati alla meditazione.

Ci sono strumenti a percussione come il grande tamburo da preghiera, che scandisce i tempi nei monasteri, strumenti che producono tintinnii, campanestrumenti a corda da pizzicare, conchiglie e cimbali.

Nella tradizione buddhista tibetana le conchiglie marine con il loro suono ricordano l’adempimento dei doveri quotidiani. Le campane tibetane riproducono la conformazione della calotta cranica e vengono utilizzate per accompagnare la meditazione.

Vi sono numerosi strumenti a fiato come il radong, un corno, la kanglinguna tromba rituale ricavata da un femore umano o da un osso di animale o la dung chen, tromba di ottone che viene suonata in coppia.

Nella tradizione zen giapponese è molto noto lo shakuhachi, flauto che presenta cinque fori digitali, e ne esistono dieci misure: la più piccola di circa 39 cm, la maggiore di 91 cm.

Il radong è un lungo corno telescopico, generalmente sorretto da più persone, composto da tre parti incastrate una nell’altra e può raggiungere anche i quattro metri di lunghezza. Il suo suono estremamente grave e solitamente viene utilizzato per aprire cerimonie e festeggiamenti. Viene sempre suonato in coppia per garantire la continuità del suono.

La musica tibetana religiosa e rituale, con i suoi strumenti che producono sonorità particolari, è un potente mezzo per entrare in rapporto con le energie presenti in natura. È una musica ricca di tonalità modulate per provocare sensazioni e vibrazioni che possono condurre all’estasi.

Vari artisti nel mondo hanno composto musiche cerimoniali o di sostegno alla meditazione e numerose sono le interpretazioni vocali dei vari sutra.

 

Ani Choying Drolma è una monaca buddhista del monastero Nagi Gompa in Nepal. È una cantante e musicista di fama internazionale, nota per aver tradotto in musica diversi canti della tradizione buddhista tibetana. È stata recentemente nominata Ambasciatore di buona volontà dell’UNICEF in Nepal. Molto noto è il brano in cui l’artista interpreta il mantra della compassione

Ascolta il “Great Compassion Mantra” cantato da Ani Choying Drolma

Curiosità: Un sutra dal cuore della Cina…

Faye Wong  è una famosa cantante e attrice cinese, molto nota per la sua interpretazione del Sutra del cuore in cinese mandarino.

Proponiamo la suggestiva performance live del 2009 al Famen Temple, nella provincia di Shaanxi, Cina, in cui l’interprete è accompagnata dal canto dei monaci.

Faye Wong – Heart sutra

L’induismo ha sempre manifestato la propria fede e devozione attraverso la musica; la pratica del kirtan consiste, nella recita cantata di mantra con accompagnamento musicale.

È una delle tante forme di invocazione o di preghiera quando si ricerca un contatto con l’assoluto concepita come una sequenza di suoni emessi attraverso la riproduzione di particolari onde e vibrazioni. La musica diventa così un mezzo espressivo per suscitare sentimenti ed emozioni nell’individuo ad elevarlo verso i piani spirituali, diventando strumento di culto.

Alcuni noti strumenti indiani usati per l’accompagnamento dei mantra sono il sitar, un liuto dotato di tre corde (Si = tre e Tar = corde), l’esraj, uno strumento ad arco, l’harmonium, una sorta di organo o il santoor, un particolare tipo di percussione.

Il flauto indiano o bansuri è un tipo di flauto traverso fabbricato con canne di bambu. È  uno dei più antichi e noti strumenti musicali della musica classica indiana; si infatti dice che la divinità induista Krishna sia un maestro dello strumento, così come Gaṇeśa la divinità con la testa di elefante, viene spesso raffigurata nell’atto di suonare un flauto.
Le discipline della danza, della musica e del canto aiutano ad ottenere una mente sottile che può percepire la profondità della creazione. L’interrelazione tra tutti gli esseri del creato è la stessa che esiste tra le note musicali; la manifestazione è una straordinaria melodia come un raga nel quale le note, unendosi, deliziano la mente.

Per bhajan si intende un particolare tipo di canto devozionale della tradizione induista, caratterizzato da eseguito abitualmente nei templi e nelle case dei fedeli induisti, diffuso particolarmente nel Nord dell’India e nel Nepal. Costituisce una parte importante del rituale del puja, l’adorazione delle divinità. (Nella foto un bansuri).

La recitazione del Veda, in particolare del Sama Veda, accorda grande importanza alla notazione musicale, al suono e al canto musicale.
Sama Veda – Colui che conosce le sfumature del suono del liuto, grazie alla conoscenza della shruti e della combinazione delle scale delle note, e ha la comprensione di ciò che è reale, senza sforzo raggiunge il fine ultimo, moksha.

Ascolta…

Universal Peace Mantra With Lyrics – Om Purnamadah – 11 Times – Spiritual Chants – Peace Mantra With Lyrics | Om Purnamadah Purnamidam Purnat Purnamudachyate

Curiosità: Un rap su Ganesha…

Nicholas Giacomini, in arte MC Yogi è un musicista e rapper americano i cui testi contengono storie e tradizioni delle divinità induiste. Molte delle sue canzoni sono considerate bhajans. Proponiamo la canzone Ganesh is fresh, che racconta le caratteristiche e le avventure della divinità con la testa di elefante.

MC Yogi – Ganesh is fresh
 

Kirtan, abbreviazione di Shabad Kirtan, è la musica devozionale e rituale del sikhismo.

In relazione alla musica indostana dalla quale prende in prestito alcuni raga e alcuni strumenti, il kirtan mette in musica la shabad o parola santa, di solito risultante dagli scritti sikh soprattutto del Guru Granth Sahib, il libro sacro, risalente al 1604 e composto da 5.894 inni. In tutti i casi, ad essere cantate sono solo le gurbani, le parole dei guru del sikhismo.

 

Gli Shabad sono i canti religiosi dei Sikh, cantati nei Gurdwara durante le celebrazioni religiose. Si racconta che Guru Nanak (1469-1539) mistico e fondatore della religione Sikh, viaggiò attraverso tutta l’India con il suo rabab –  strumento a corde di origine araba – e il suo compagno Mardana, componendo brani e diffondendo il messaggio di Dio sotto forma di musica. Questi shabad, furono raccolti e costituiscono una parte dell’Adi Grantha Sahib, le Sacre Scritture Sikh. Esistono tre stili diversi di shabad: quelli basati sui raga, quelli tradizionali descritti nell’Adi Grantha Sahib ed infine quelli che si basano su melodie più leggere e recenti.

Tra i sikh, pratica e ascolto sono forme di meditazione, un supporto all’insegnamento spirituale, quello dei guru e un modo di comunicare con il divino. Queste preghiere sikh vanno recitate ogni giorno anche senza musica. Questa tradizione è stata fondata nel 1521 da Guru Nanak e fa parte del codice di condotta dei sikh, il Rehat Maryada come la preghiera detta ardas. Una famosa frase sikh dice: “Il vero kirtan viene eseguito ogni giorno attraverso le sue parole, i suoi pensieri, le sue azioni”.

Lo shabad inizia con lo sthayi – la prima parte di molte composizioni che viene cantata con toni crescenti – e chiude con un antara, dalla parola antar che significa differenza, la seconda parte della composizione. I canti shabad vengono accompagnati dal tabla, strumento a percussione, dal dholak piccolo tamburo, e dal chimta – lungo sonaglio a tenaglia.

Le tabla sono un tipo di tamburo indiano che consiste in una cassa di legno o terracotta, sulla quale è tesa, mediante legacci, una pelle la cui tensione si può modificare ruotando dei cilindretti, collocati tra il fusto e le stringhe di cuoio utilizzate per allacciare la pelle stessa. È composto da due corpi di forme e dimensioni diverse dotati, al centro della membrana, di un cerchio di pasta nera (sihai) composta di manganese, riso bollito e succo di tamarindo, grazie alla quale si ottiene una sonorità particolarmente armonica.

Guru Nanak, uno dei dieci guro Sikh amava comporre e cantare inni sacri, meditare e vivere nella giungla. Egli manifestò tendenze mistiche si interessò al Sufismo, corrente mistica dell’Islam, che fa un grande uso della musica per la preghiera.

The music of the Gurdwara Sikh temple
Curiosità: Dal solenne Tempio D’Oro, sonorità moderne…

Daljit Singh Dosanjh, in arte Diljit Dosanjh, nasce in un piccolo villaggio nel Punjab, in India. Dosanjh è oggi riconosciuto come uno degli artisti più importanti nel panorama musicale Sikh Punjabi. Ha inciso numerosi brani in cui racconta gli usi, i costumi, i concetti e le storie della sua religione, debuttando con l’album Sikh, come la canzone Gobind De Lal.

Ascolta il brano “Gobind De Lal” di Diljit Dosanjh

Foto in anteprima: Centro Astalli