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- Scheda 3 – Le arti figurative
Tra le arti figurative spicca la miniatura, l’arte di dipingere in piccole proporzioni su supporti scrittori come papiro, pergamena, avorio, carta, ecc.
La storia della miniatura è legata alla storia del libro, dei tipi di calligrafia e dei miniatori. Prima dell’invenzione della stampa a caratteri mobili (XV secolo), i libri venivano riprodotti a mano da calligrafi monaci o religiosi e, più tardi, laici. Le lettere iniziali, fin dall’antichità classica, venivano decorate con un pigmento rosso-arancione, derivato dal solfuro di piombo, chiamato minio: di qui il nome di miniatura. Con il tempo iniziarono a diffondersi sui libri piccoli disegni che abbellivano le lettere capitali, le parole e gli spazi vuoti e ci fu una divisione sempre più netta tra i compiti del calligrafo e quelli del miniatore.
Le miniature ebraiche
Le miniature cristiane
Nel mondo classico non vi sono testimonianze dirette che riportino informazioni sulle illustrazioni e sui loro esecutori, pittori professionisti o miniatori specialisti, ma abbiamo una grande quantità di informazioni sulla produzione del libro negli scritti di San Girolamo. Le indicazioni riguardano quasi esclusivamente i calligrafi, e fino a noi sono giunte poche firme di miniatori, tra il VIII e il IX secolo; la probabilità che fossero essi stessi anche miniatori però è molto alta. Negli anni, il numero di miniatori documentati divenne maggiore e la calligrafia e la miniatura cominciarono ad essere considerate due arti distinte. Nel tardo Medioevo alcune fonti attestano che i miniatori avevano il divieto di usare colori diversi da quelli ad acqua: i colori ad olio, l’oro e l’argento potevano essere utilizzati solo dai membri della Corporazione dei Pittori. I miniatori medievali utilizzavano tre tipi di materiali: il papiro ricavato dal papiro del Nilo, la pergamena o il vello (pelle di animale conciata, prevalentemente di mucca, capra o pecora) e la carta. Nel mondo antico il papiro fu il supporto principale per la scrittura: i fogli venivano incollati e arrotolati in rotoli di varia lunghezza sui quali si scriveva in corte colonne da leggersi orizzontalmente. Fu presto sostituito dalla pergamena, in parte per motivi economici e in parte per la diffusione del Cristianesimo. (Scopri di più nel materiale completo).
Le icone
Il termine icona deriva dalla parola greca “eikon” che significa “immagine, figura”. Essa compare nel VI e VII secolo come una delle manifestazioni della sacralità della tradizione bizantina, diffusasi in terra orientale e differenziata a seconda delle aree geografiche nelle quali si sviluppa. La leggenda vuole che la prima icona della storia rappresenti il volto di Gesù impresso su un velo detto Mandylion (mantile, sudano) a Edessa, a pochi giorni dalla passione e morte di Cristo. La città di Edessa, oggi Urfa in Turchia (al confine con la Siria), era la capitale di un regno su cui regnava il re Abgar V, soprannominato Ukama, o il Nero. Egli vi introdusse il Cristianesimo con l’intervento di Taddeo, uno dei 70 discepoli di Cristo, lì inviato da Tommaso apostolo, dopo la Pentecoste. A lui è legata un’antica leggenda, che è ricordata nella liturgia orientale (es. il 16 agosto cade la festa bizantina della traslazione del Mandilion da Edessa a Costantinopoli) e ci indica come dobbiamo concepire l’icona ed il pittore di icone; esse sono mezzi attraverso cui l’uomo riceve aiuto, salvezza e sapienza e chi le dipinge (o, per meglio dire, chi le “scrive”, poiché le icone sono considerate “Vangelo in immagini”) diventa il tramite per questo passaggio di grazia. (Scopri di più nel materiale completo).
Le vetrate artistiche del Tempio valdese di Piazza Cavour…
Il Tempio valdese di Piazza Cavour ha al suo interno una serie di vetrate artistiche realizzate con l’antica tecnica della legatura a piombo, promossa a Roma dal 1911 al 1929 da un gruppo di artisti tra cui il pittore Paolo Antonio Paschetto che la introdusse nell’ambiente protestante romano. L’utilizzo di vetri opalescenti contribuisce alla definizione delle linee del disegno della vetrata grazie alle loro numerose venature, che hanno consentito a Paschetto di supplire all’elemento pittorico, come era solito nel periodo Art Nouveau. Le vetrate sono disposte nei tre ordini in cui è articolata architettonicamente la chiesa. I motivi artistici, inoltre, assumono un significato simbolico, sia presi singolarmente che considerati nell’ottica di un discorso unitario. C’è sicuramente un recupero dell’iconografia paleocristiana nei soggetti e nella volontà di comunicare immediatamente con il “lettore” rendendo accessibile il messaggio sia tramite i simboli sia attraverso i versetti dell’Antico e del Nuovo Testamento, che accompagnano spesso le immagini. (Per approfondire consulta la scheda di approfondimento sul Tempio di Piazza Cavour alla sezione Visita ai luoghi di culto!)
Scopri di più sulle arti figurative! Troverai tutti gli approfondimenti nel materiale completo.
Il materiale didattico del Centro Astalli per l'assistenza agli immigrati ODV è disponibile esclusivamente per finalità educative, di ricerca o studio privato. I contenuti provenienti dal sito internet www.centroastalli.it devono essere accompagnati dalla citazione della fonte, tramite l’indirizzo web (URL) del testo.(2025)
Foto in anteprima e nel testo: Archivio Centro Astalli/Valentina Pompei