La trama

Due donne si incontrano per mesi, imparano a conoscersi, a capirsi, a fidarsi l’una dell’altra. Una si chiama Brigitte, arriva dal Congo, ha perso tutto e comincia a raccontare; l’altra si chiama Melania, l’ascolta a lungo e poi quella storia decide di scriverla.

Brigitte arriva alla stazione Termini un giorno di fine gennaio. Addosso ha dei vestiti leggeri, ha freddo, fame, non sa nemmeno bene in che Paese si trova. È fuggita precipitosamente dal Congo, scaricata poi come un pacco ingombrante. La stazione di Roma diventa il suo dormitorio, la spazzatura la sua cena. Eppure era un’infermiera, madre di quattro figli che ora non sa nemmeno se sono ancora vivi. Quando è ormai totalmente alla deriva l’avvicina un uomo, le rivolge la parola, le scarabocchia sul tovagliolo un indirizzo: è quello del Centro Astalli, lì troverà un pasto, calore umano e tutto l’aiuto che le serve. Di fatto è un nuovo inizio, ma è anche il principio di una nuova odissea.
Einaudi 2016, 255 pp.

Un brano

Alle manifestazioni non andavo più da tempo, da quando le avevano proibite. Ma mio padre era stato membro del partito di opposizione, l’Unione per la democrazia e il progresso sociale, e tutta la famiglia la pensava come lui. Le riunioni del partito si tenevano in una delle sue case. Anche mio marito aveva la tessera del partito, e pure io l’avevo presa. È rimasta in casa mia in qualche cassetto.

A notte fonda, alla Dieu le veut hanno cominciato ad arrivare i feriti. I militari avevano caricato e disperso i manifestanti. Ne abbiamo ricoverati sette, sei uomini e una donna. Tre erano in gravi condizioni, con ferite d’arma da fuoco. Il personale della mia clinica l’ho scelto io, personalmente. Due dottori, due assistenti, otto infermieri. Non sono un medico, ma capisco se uno sa fare il suo mestiere. E alla Dieu le veut ho voluto buoni medici. Li hanno curati.
(p. 39)

L’autore

Nata a Roma il 6 ottobre 1966 Melania G. Mazzucco, laureata in Storia della Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea e in Cinema al Centro Sperimentale di Cinematografia, ha scritto per anni soggetti e sceneggiature per il cinema oltre a collaborare all’Enciclopedia Italiana Treccani, per la quale ha curato il settore letteratura e spettacolo di varie opere dell’Istituto.

Nella narrativa ha esordito nel 1992 ed è stata autrice di numerosi racconti, di storie per la radio, articoli e recensioni sul teatro. Nel 2003 con Vita ha vinto il Premio Strega, un romanzo sull’emigrazione italiana nel Novecento. Io sono con te. Storia di Brigitte è risultato vincitore del premio Libro dell’Anno 2016 di Radio3 Fahrenheit.

Brigitte Zébé Ku Phakua – Il ricordo di Melania G. Mazzucco

Temi per la riflessione

• Brigitte è fuggita dalla Repubblica Democratica del Congo, un paese già da molti anni teatro di violenze e scontri tra le forze di sicurezza governative e diversi gruppi armati, ma di cui molto raramente si sente parlare. Un paese in cui è ancora in atto una “guerra dimenticata”, soprattutto nelle province del Nord Kivu e del Sud Kivu e nella regione del Kasai, che subisce frequenti drammatiche recrudescenze, e in cui vige una “falsa democrazia”. Il presidente Joseph Kabila, in carica dal 2001, è figlio di Laurent-Desire Kabila, primo presidente congolese dopo il trentennio di dittatura di Mobutu, che lui stesso contribuì a rovesciare. Le ultime elezioni politiche congolesi lo hanno visto trionfare per ben tre volte (nel 2001, 2006 e nel 2011) e sono coincise con forti scontri e tensioni lungo tutto il paese, al pari di accuse di brogli. Nuove elezioni sono in programma per la fine del 2017. I militari governativi, i servizi di intelligence e di polizia si sono resi responsabili di gravi, e in taluni casi politicamente motivate, violazioni dei diritti umani in tutto il Paese, compresi arresti arbitrari, tortura, maltrattamenti e violenze sessuali. Il governo e le autorità locali hanno attuato crescenti restrizioni alla libertà di stampa e non sono rari i casi di minacce e aggressioni nei confronti di difensori dei diritti umani. La Repubblica Democratica del Congo risulta essere a tutti gli effetti un paese in cui la non obbedienza al potere si può pagare molto duramente. (Vedi scheda Repubblica Democratica del Congo)

• Quando si parla di migrazione quasi inevitabilmente la mente si volge alle lunghe file di uomini nel deserto o alle masse stipate sui barconi che attraversano il Mediterraneo. Quasi mai si pensa alle donne. In realtà, circa il 50% dei rifugiati del mondo è costituito da donne e ragazze. La migrazione femminile, quindi, è un fenomeno reale: le donne migrano, non solo perché madri, spose, figlie o sorelle di un uomo che affronta il viaggio con loro, ma migrano anche sole. Lontane dalla loro casa, dalla loro famiglia, dalla loro comunità, sono particolarmente vulnerabili. Devono affrontare le difficoltà di viaggi molto lunghi verso l’esilio e spesso l’indifferenza per la loro situazione. A loro spetta un trattamento diverso rispetto a quello degli uomini: è maggiore il livello di esposizione agli abusi fisici e sessuali. Molte donne e bambine rifugiate e migranti sono già state esposte a varie forme di violenza sessuale e di genere nei loro Paesi di origine, nei Paesi di primo asilo o durante il viaggio verso l’Europa o nella stessa Europa. Nei campi profughi, inoltre, le donne rifugiate rappresentano l’unica speranza di salvezza e sopravvivenza per i propri figli, nel periodo in cui sono più vulnerabili. La maggior parte delle donne in fuga non arriva a chiedere asilo all’estero, a causa soprattutto dei pericoli e dei maggiori rischi che incontrano durante i viaggi. Solo una minoranza di rifugiate cerca asilo nei Paesi industrializzati. Tuttavia per molte anche l’asilo non significa salvezza. Spesso non denunciano le violenze di cui sono vittime e per questo non ricevono il sostegno di cui avrebbero bisogno, perché troppo spaventate per descrivere le umiliazioni subite. Allo stesso tempo, una volta giunte a destinazione, le donne sono ancora più esposte ai lavori meno qualificati e meno pagati. La legislazione vigente non risulta adeguata ad offrire sistemi di protezione diretti alla donna migrante, nonostante le rifugiate e le richiedenti asilo siano considerate, dalla comunità internazionale, categorie di donne da considerare prioritarie. Di fatto, a oltre venti anni dalla Dichiarazione di Pechino del 1995, atto concreto della quarta Conferenza mondiale dell’ONU sulla condizione femminile, le 12 aree critiche identificate nella Piattaforma d’azione (povertà, istruzione e formazione, salute, violenza contro le donne, conflitti armati, economia, potere e processi decisionali, meccanismi per favorire il progresso, diritti fondamentali, media, ambiente, bambine) restano, per la maggior parte, questioni ancora irrisolte.

Per approfondire

• La storia di Brigitte è anche la storia del Centro Astalli e dei servizi pensati per accompagnare e supportare i rifugiati e i richiedenti asilo che bussano alla porta verde di Via degli Astalli 14/A. Tra questi il SaMiFo, il Centro Salute Migranti Forzati nato nel 2006 dalla collaborazione tra Centro Astalli e ASL Roma 1. “Donne migranti” è il titolo del primo volume de “I quaderni del SaMiFo”, una nuova collana editoriale curata dal Centro Salute Migranti Forzati. La prima pubblicazione è dedicata alle donne rifugiate, con un approfondimento sulle vittime di tortura e di violenza di genere. Uno strumento agile per conoscere quali sono i loro diritti nella società contemporanea, le misure messe in atto per accompagnarle, difenderle e assisterle.

Nei panni dei rifugiatischeda 1scheda 4