Città ricca di arte e storia, Bologna deve la sua bellezza anche alla sua pluralità multietnica e multiculturale.

I primi insediamenti della città di Bologna risalgono al I millennio a.C. Importante centro urbano sotto gli Etruschi, i Celti, e poi i Romani, in fase medievale divenne uno dei principali centri di scambi commerciali, arrivando ad essere riconosciuto come comune nel 1116.

La città non fu solo attenta al commercio ma si concentrò anche sull’evoluzione degli studi. Nel 1118 nacque quella che viene riconosciuta come la prima università del mondo occidentale: lo “Studium”. Nel 2000 è stata nominata “capitale europea della cultura“, mentre nel 2021 i suoi portici sono stati riconosciuti patrimonio dell’umanità dall’Unesco.

Quattro passi nella storia

Sinagoga di Bologna

La storia della comunità ebraica a Bologna è documentata a partire dal XIV secolo, a testimonianza del contributo che gli ebrei hanno apportato nel corso dei secoli al tessuto socio-economico della città. Ma si tratta anche di una memoria travagliata: la segregazione nel ghetto dopo l’editto papale del 1556 fu seguita da una espulsione di tutti gli ebrei dai territori della Chiesa, Bologna inclusa, nel 1569. La comunità rientrò nel ghetto nel 1586, riunendosi in una prima sinagoga che si trovava in via dell’Inferno n.16, e che venne però distrutta nel 1593, successivamente alla loro espulsione definitiva.

Verso la fine del Settecento, dopo l’arrivo delle truppe napoleoniche, gli Ebrei riacquisirono maggiori libertà e si insediarono nuovamente nella città dando avvio a un lento processo di riaggregazione in seguito alla dispersione dovuta all’esilio. Si scelse di affittare una sala in Via dei Gombruti come luogo di preghiera, ma la crescita della comunità e la sempre maggiore affluenza portarono a raccogliere i fondi per l’acquisto dello stabile e alla progettazione di un vero e proprio tempio inaugurato nel 1877.

All’inizio del 1900, l’ingegnere Attilio Muggia, membro della comunità, si incaricò di un nuovo progetto di ampliamento della sinagoga, che vide l’inaugurazione nel 1928. Dopo che la sinagoga venne distrutta durante un bombardamento nel settembre del 1943, Guido Muggia, figlio di Attilio, coordinò i lavori di ricostruzione interpretando il progetto del padre in chiave moderna. La sinagoga, è attiva dal 1954 ad oggi. Come la precedente, la struttura è a pianta rettangolare con tre navate, con il matroneo che corre sopra quelle laterali e l’ingresso; la volta a botte con venature è illuminata dalla luce di una finestra policroma e del rosone con la stella di Davide; infine, l’Aron (l’Armadio Sacro avente la funzione fondamentale di contenere il Sefer Torah, i rotoli della legge), circondato da una balaustra in marmo e con sopra una grande Menorah (lampada a olio a sette bracci che si riferiscono simbolicamente ai sette giorni della creazione) dipinta, si trova sul lato opposto della Tevah, il pulpito su cui vengono recitate le preghiere.

La Comunità ebraica bolognese è una delle quattro comunità attive nel territorio regionale dell’Emilia-Romagna, ed è parte integrante della vita culturale cittadina.

Gurdwara Singh Sabha di Novellara

Spostandosi da Bologna alla provincia di Reggio Emilia, in via Lorenzo Bandini n. 7, a Novellara, sorge il Gurdwara Singh Sabha, il tempio sikh più importante in Europa dopo quello di Londra. Celato dietro a un benzinaio nella zona industriale, per raggiungerlo bisogna percorrere la strada statale verso Reggiolo, quindi percorrere a piedi una piccola stradina per trovarsi di fronte l’imponente ingresso esterno.

Il tempio ha visto la sua inaugurazione nel 2000, dopo una lunga ricerca da parte della comunità di fedeli Sikh a seguito della distruzione del capannone in cui si riuniva durante il terremoto del 1996. Ad oggi è un vero e proprio punto di riferimento per i Sikh dell’Emilia Romagna, incorporando la doppia anima spirituale e sociale. La condivisione, infatti, unitamente al lavoro onesto e alla venerazione del nome di Dio, costituisce uno dei principi cardine della spiritualità Sikh, rendendo questo luogo di culto costantemente in fermento poiché utilizzato anche come spazio di incontro, socialità e scambio.

Prima di entrare al suo interno è necessario togliersi le scarpe, lavarsi le mani, i piedi e coprirsi il capo, per rispetto di Dio e del Guru Granth Sahib, il testo sacro della religione Sikh, tuttora considerato come l’ultimo e permanente guru dei Sikh.

Un altro insegnamento centrale è quello legato alla cura e al rispetto per ogni forma di vita, che si traduce nell’adozione del vegetarianismo come stile e scelta alimentare. Il cibo incorpora simbolicamente i due aspetti della spiritualità e della socialità: i fedeli, sia prima che dopo la preghiera, passano nel Langar, la cucina situata al piano sottostante dove gruppi volontari preparano la colazione e il pranzo ogni domenica. Il chapati (pane tipico indiano simile alla piadina) viene accompagnato da riso, verdure, lenticchie e tchai (tè e latte).

Al primo piano, nel salone della preghiera è custodito il libro sacro del tempio, sotto una struttura a baldacchino. All’ingresso vi sono delle fontane e in un angolo si trova un piccolo negozio adibito sia alle offerte che all’acquisto di libri sulla religione dei Sikh e di kara, i bracciali in acciaio che simboleggiano la forza infinita di Dio.

Il tempio e la comunità Sikh svolgono una funzione importante anche a livello territoriale, con un’ottica di apertura alla cittadinanza, incontro e partecipazione che ha portato a contribuire a diverse dinamiche sociali: un esempio emblematico è quello di aver adibito una parte del tempio a punto vaccinale nel corso della pandemia da Covid-19, testimonianza virtuosa della possibilità reale di dialogo, confronto e condivisione.

Centri di cultura islamica 

Bologna conta attualmente 13 luoghi di culto islamici. Perlopiù si tratta di vecchi capannoni o negozi, adibiti a sale di preghiera e per questo non riconoscibili esternamente.

Per quanto riguarda la comunità islamica a Bologna e nella provincia, questa comprende 20-30.000 persone residenti. Il loro punto di riferimento più importante è la Moschea di An-Nur, il Centro di Cultura Islamica di Bologna, in arabo “Markaz ath- Thaqafa al- Islamiyya”, fondato nel 1990. È un luogo di aggregazione per i fedeli musulmani di ogni lingua e provenienza, situato in Via Pallavicini, 13. Il centro svolge tutte le attività religiose: dalla preghiera comunitaria, alle celebrazioni delle due grandi festività islamiche (Eid al Fitr e Eid al Adha), alle pratiche comuni durante il mese del Ramadan, periodi nei quali i fedeli partecipano con maggior affluenza. Si presta aiuto anche negli atti di matrimonio, divorzi, lavaggio dei morti prima della loro sepoltura in Italia o al loro ritorno in patria e alla preparazione del viaggio dei fedeli verso La Mecca dove faranno il loro pellegrinaggio. Oltre ad un’assistenza sotto il profilo religioso, la moschea di An-Nur si interessa anche dell’aspetto socio-culturale ed educativo, svolgendo attività di informazione rivolta ad insegnanti, studenti e singoli che intendono conoscere usi, costumi e credo religioso dei cittadini di fede musulmana, anche presso le scuole, in modo tale da portare maggiore consapevolezza su una comunità sempre più in crescita.

Centro Studi Buddhista Cenresig 

Il Centro Studi Cenresig nasce nel 1983 grazie a Lama Thubten Zopa Rinpoche, che attualmente continua ad esserne il direttore spirituale.

Lo scopo del centro è quello di promuovere lo studio del buddhismo tibetano e dei suoi valori attraverso la conoscenza della filosofia, della psicologia e della pratica di meditazione buddhista di tradizione Mahayana (parola composta dai termini sanscriti maha, “grande”, e yana, “veicolo”: dunque “Grande veicolo”).

Due sono le vie spirituali del buddhismo: la via dell’ahrat che riguarda chi, avendo raggiunto il nirvana, pratica esclusivamente per sé; e la via del bodhisattva, quella scelta delle persone che hanno raggiunto l’“Illuminazione” (bodhi) e dunque potrebbero rinunciare all’esistenza terrena, ma scelgono di continuare i cicli di reincarnazione per divenire guida per gli altri esseri viventi nel percorso di raggiungimento del nirvana. La tradizione Mahayana sostiene la superiorità di questa seconda via, fondandosi sulla compassione: Cenresig è proprio il nome della divinità come manifestazione della compassione, simbolicamente rappresentata con innumerevoli braccia e occhi per vedere la sofferenza di tutti gli esseri umani.

Il Centro Cenresig fa parte della rete internazionale F.P.M.T. (Fondazione per la Preservazione della Tradizione Mahayana) e dell’Unione Buddhista Italiana. Questa dimensione di rete inserisce l’attività della sede bolognese entro un quadro di vocazione internazionale che vede i vari centri lavorare sinergicamente in contesti sociali tra i più diversi in ogni parte del mondo, condividendo lo stesso spirito e gli stessi obiettivi.

Oltre a costituire un punto di riferimento spirituale per le persone praticanti, il Centro svolge l’importante funzione sul territorio bolognese di offrire la possibilità di avvicinarsi al buddhismo attraverso le varie attività proposte: dai corsi e i seminari introduttivi sulla filosofia e la spiritualità buddhista, passando per i corsi di meditazione.

Chiesa ortodossa San Basilio il Grande 

In via Sant’Isaia 35/2 si trova la Chiesa ortodossa San Basilio il Grande, il luogo di culto della tradizione ortodossa più antico dell’Emilia Romagna. Fondata nel 1973 dopo che il Comune di Bologna la diede in concessione alla comunità, l’edificio affonda le proprie radici nel quindicesimo secolo, intrecciando la propria storia con gli avvenimenti di quel periodo.

Figura centrale fu quella del cardinale e teologo Niccolò Albergati, che prese parte alle trattative di mediazione per far cessare la Guerra dei Cent’Anni (che tra il 1337 e il 1453 impegnò Inghilterra e Francia), ricevendo in dono, come ringraziamento per il ruolo che svolse, la reliquia del capo di Sant’Anna dal sovrano di Inghilterra. Albergati fondò quindi la chiesa dedicandola ad Anna madre della Theotòkos (“Genitrice di Dio”) e adibendola a sede del proprio ordine religioso: quello dei Padri Certosini. Nel 1716 la chiesa subì un restauro in stile barocco, per poi essere sconsacrata durante l’occupazione di Napoleone un secolo dopo. A seguito di questo evento, la reliquia di Sant’Anna fu spostata e la chiesa rimase abbandonata per lungo tempo, venendo adibita dal Comune a deposito di sale e catrame per gli spartineve ed essendo utilizzata come rifugio dalle persone sfollate. All’inizio del 1998, dopo essere divenuta luogo di culto della comunità ortodossa, la parrocchia cambiò giurisdizione, passando dall’appartenenza alla “Chiesa russa d’oltre frontiera” all’adesione al Patriarcato di Mosca.

L’interno della chiesa ricerca un’armonia estetica che viene restituita dal connubio tra lo stile barocco occidentale e la tradizione orientale ortodossa: l’architettura presenta una pianta asimmetrica con due cupole centrali e tre piccole laterali; gli affreschi e i dipinti che nel corso dei secoli hanno preso parte alla storia della chiesa sono stati realizzati da artisti bolognesi (come Tiarini e Pizzoli); oltre alle caratteristiche icone legate alla spiritualità ortodossa, la zona del santuario presenta un’iconostasi in legno di quercia scolpita a mano.

Oltre alle comunità ortodosse, nella città è attestata anche la presenza della Chiesa Evangelica Valdese e Chiesa Metodista. L’unico tempio si trova in via G. Venezian, 1 e svolge il culto ogni domenica. La chiesa ha anche un servizio di ascolto che si occupa della regolarizzazione dei documenti, della ricerca lavoro e della casa, del sostegno alla scuola e allo studio, dell’ospitalità a persone con problemi abitativi. Inoltre è attiva una scuola di italiano per stranieri.

Chiesa di Santo Stefano

Conosciuta come complesso delle “Sette Chiese”, la Chiesa di Santo Stefano racchiude in sé la cosiddetta Gerusalemme Bolognese ovvero un insieme di luoghi che ricordano la Terra Santa, voluta da San Petronio e dedicata al protomartire della cristianità, Stefano.

Il complesso ha una storia molto lunga e travagliata che vede diverse figure storiche prendere parte alla costruzione dei vari edifici che lo compongono, fino ad arrivare alla sua completa trasformazione in quella che oggi conosciamo come una delle Basiliche più suggestive di Bologna. La sua costruzione originaria dedicata alla dea Iside, inizia intorno al 100 d.C., voluta da una ricca matrona bolognese, sul luogo di una sorgente naturale. Nel 393 il vescovo di Milano Ambrosio scoprì nelle vicinanze della struttura, le tombe dei primi martiri Vitale ed Agricola, ma solo nel 450 il vescovo di Bologna Petronio costruì una chiesa in onore dei due martiri la chiesa dei santi Vitale e Agricola (n°5 sulla mappa qui sotto) in cui i loro sarcofagi sono conservati. L’interno è a tre navate, senza transetto con absidi triconca e i capitelli di ordine ionico di derivazione bizantina e franca.

A Petronio si deve anche la riconversione della prima costruzione del complesso, cioè il tempio dedicato ad Iside in quella che attualmente è la chiesa del Santo Sepolcro (n°4), imitazione di quello di Gerusalemme. Ad oggi si presenta in maniera diversa da come era in origine, a causa dei danneggiamenti subìti, con uno stile romanico, a pianta centrale con al centro dodici colonne che sorreggono archi a tutto sesto, mentre al centro si trova un’edicola che custodiva le reliquie di San Petronio, la volta e le pareti della chiesa avevano in origine affreschi con scene bibliche poi eliminate e più volte sostituite. Nel 727 Liutprando, re dei Longobardi, invase la città e costruì alla destra del Santo Sepolcro, la sua cattedrale, votandola a San Giovanni Battista, ad oggi conosciuta come Chiesa del Crocifisso (n°1): l’interno è costituito da una sola navata con il soffitto in legno, le pareti laterali sono scandite da otto archi a tutto sesto ciechi, sulle pareti laterali dell’aula gli affreschi raffigurano il Martirio di santo Stefano. Purtroppo tutto il complesso non sfuggì alle devastazioni dell’invasione degli Ungari all’inizio del X secolo; le parti danneggiate furono ricostruite dai monaci benedettini, che aggiunsero prima un edificio conosciuto come Chiesa de’ Confessi, poi rinominato la cripta della chiesa del Crocifisso (n°3), che custodisce i resti dei santi Vitale e Agricola e infine la Chiesa del Martyrium (n°7), con una storia incerta, in quanto la sua costruzione è stata modificata molte volte, così come il suo scopo. Attualmente si presenta divisa in cinque navate con volte a crociera e absidi in stile neoromanico.

Cattedrale di San Pietro a Bologna

Situata nel cuore del centro storico della città, la cattedrale è stata protagonista di moltissime distruzioni e riedificazioni, sopravvivendo nel tempo ed intrecciando le sue vicissitudini con la storia della città, fino a diventare il principale luogo di culto di Bologna.

La prima chiesa era posta al di fuori delle mura, dedicata in origine ai Santi Nabore e Felice e probabilmente risalente al IV secolo, venne distrutta in un incendio nel 906. Si decise così di riedificare la nuova cattedrale dentro le mura. Fu edificata in prossimità della Porta di San Cassiano a fianco di un campanile paleocristiano di origine ravennate. La chiesa misurava 57 metri di lunghezza, ma un incendio divampato nel 1141, la danneggiò così gravemente da doverla ricostruire totalmente. Si avviarono quindi dei lavori di ricostruzione e ampliamento e così la nuova cattedrale venne consacrata da papa Lucio III nel 1184. La nuova chiesa, misurava 70 metri di lunghezza e 23 metri di altezza e si presentava nel tipico stile romanico di tipo lombardo-emiliano, a tre navate con archi a sesto acuto sostenuti da pilastri e tre absidi corrispondenti alle tre navate. Nel 1220 si iniziò la costruzione di un nuovo portale marmoreo sul fianco meridionale della chiesa, detto “porta dei leoni” perché sui lati della porta c’erano due leoni per lato in marmo rosso da cui si innalzavano due colonne che terminavano in un arco. Dal 1575 l’edificio fu radicalmente ristrutturato all’interno, iniziando dalla parte absidale e dal coro, ma le modifiche apportate furono talmente profonde e così invasive da far crollare le volte nel 1599.

Dopo il crollo fu riedificata all’inizio del Seicento con nuovo stile gotico, così fu modificato l’abside, le volte vennero rifatte a crociera, le pareti laterali demolite per fare spazio a cappelle, finendo per snaturare completamente l’originale stile romanico. Durante  questi lavori venne demolita la “porta dei leoni”, i due leoni vennero poi riutilizzati come acquasantiere. Tra il 1743 e il 1747 fu fatta l’ultima grande modifica che comprendeva la nuova ricostruzione della facciata, ed infine l’abbattimento del portico per cercare di recuperare due cappelle una per parte.

 

Santuario di San Luca

Il Santuario di San Luca, che si erge sulla cima del Colle della Guardia, è da secoli simbolo di Bologna oltre che oggetto di culto religioso che domina il capoluogo emiliano e tutta la pianura sottostante.

La basilica, dedicata al culto cattolico mariano è, fin dalle sue origini, meta di pellegrinaggio per i devoti bolognesi, e non solo, per venerare la famosa icona bizantina della Vergine col Bambino, detta propriamente “Madonna di San Luca”. La leggenda riguardante la Madonna col Bambino, narra di un eremita greco che, in pellegrinaggio a Costantinopoli verso la fine del XIII secolo, avrebbe ricevuto il dipinto dai sacerdoti della basilica di Santa Sofia affinché lo portasse sul “monte della Guardia”, così com’era indicato in un’iscrizione sul dipinto stesso. Così l’eremita si incamminò in Italia alla ricerca del colle della Guardia e solo a Roma seppe che tale monte si trovava nei pressi di Bologna. Arrivato nella città emiliana, fu accolto dalle autorità cittadine e la tavola della Madonna col bambino venne portata in processione sul monte, attraverso il tragitto su cui si sarebbe poi costruito il portico più lungo del mondo.

Il santuario è infatti oggi raggiungibile da Porta Saragozza attraverso il famoso portico che, con i suoi 666 archi, 17 cappelle e 3796 km, e insieme agli altri portici della città, è entrato a far parte del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Percorso ogni anno da una processione che conduce la Madonna col Bambino alla cattedrale, il portico fu realizzato a partire dal 1674 grazie alla collaborazione di tutti i cittadini locali in quello che viene ricordato come il “Passamano per San Luca”.

Lo stile dominante del santuario è il barocco, così come testimoniato dalle forme e i volumi dinamici e curvilinei alternati in continue sporgenze e rientranze. Il corpo dell’edificio è costituito, in massima parte, dal grandissimo tiburio ellittico sormontato al centro da una grande cupola con lanterna, che ospita un osservatorio a 42 metri d’altezza. La facciata è modellata su forme classiche e, raccordato ai lati della facciata, si sviluppa il portico che racchiude il piazzale antistante. Il portale d’ingresso è affiancato dalle statue di San Luca e di San Marco eseguite nel 1716 dallo scultore Bernardino Cametti. Nel lato meridionale della costruzione sono incorporati il corpo del vecchio monastero domenicano e il campanile quattrocentesco, in cui sono custodite 5 campane, tutte montate “alla bolognese”. L’interno è caratterizzato da una pianta ellittica sulla quale si innesta una croce greca, formata dall’asse centrale e dalle due cappelle maggiori laterali, e presenta un presbiterio rialzato, sulla cui sommità è posta l’icona della Vergine col Bambino. Tra i fedeli vi è infatti una sensazione comune quando ci si avvicina all’icona dalla scalinata che consente di raggiungere l’altare: osservando in modo prolungato la sacra icona ci si sente seguiti dal suo sguardo.

Curiosità

Quartiere Bolognina

In dialetto bolognese Bulugnéṅna, è un rione di Bologna, situato nella periferia nord, alle spalle della stazione di Bologna Centrale. Si tratta di un quartiere storicamente proletario ma ad oggi frequentat da giovani, in quanto rinomato luogo urban style, inclusivo e anticonformista. La Bolognina si distingue soprattutto per la sua composizione multietnica, formando così un quartiere vivace e di incontri tra culture. Questo luogo ha una storia lunga e complessa che inizia nel IV millennio a.C. confermato da alcuni reperti archeologici rinvenuti nella zona, passando per l’epoca medievale, moderna e arrivando fino ai giorni nostri. Ma la sua nascita ufficiale avviene nel 1889, in seguito al Piano regolatore per regolare l’attività edificatoria e si sviluppa come quartiere operaio, vista la sua vicinanza con la stazione. Le sue caratteristiche sono i caseggiati in stile neorinascimentale con facciate colorate che vanno dal giallo ocra, arancio, rosso. Il quartiere ha superato anche la fase della seconda guerra mondiale ma con pesanti bombardamenti, che portarono alla cosiddetta Battaglia della Bolognina. Nel 1962 venne istituito ufficialmente il quartiere Bolognina, ma avrà vita breve perché nel 1985 verrà soppresso per poi confluire nell’appena formato quartiere di Naville.

Letture

Nel quartiere Bolognina (Navile), una delle zone più multietniche della città, ha sede la Biblioteca Casa di Khaoula, un punto di riferimento sulle tematiche dell’Intercultura. Dalla sua istituzione nel 2008 si occupa di accompagnare e soddisfare le esigenze culturali e informative degli abitanti del quartiere (e non solo), rivolgendosi a bambini, ragazzi e adulti. Questo progetto è stato ispirato da una bambina immigrata di nome Khaoula che aveva chiesto alle associazioni del quartiere Navile, un luogo dove fare i compiti e leggere. Tra gli obiettivi quello di favorire l’integrazione delle diverse culture, fornendo a utenti di ogni fascia d’età spazi, materiali e servizi che creino occasioni di aggregazione e di incontro. La biblioteca si trova in via di Corticella, 104 e collocata in una delle scuderie storiche dell’Ippodromo Arcoveggio di Bologna, appositamente ristrutturata.

All’interno della sua struttura ospita “La piccola biblioteca in lingua araba”, la prima sezione in lingua araba in Italia che si rende disponibile al prestito e si aggiunge alla quantità e varietà di servizi e iniziative che la biblioteca declina secondo un’ottica multiculturale. Inaugurata in occasione di Bologna Children’s Book Fair 2019, – fiera attraverso la quale Bologna si trasforma ogni anno nella capitale mondiale del libro per ragazzi, – la biblioteca ospita 100 libri scritti in arabo, di cui alcuni bilingue: tra i titoli compaiono albi illustrati e romanzi di autori ed editori di area arabofona e non soltanto, ma anche libri importati e tradotti in arabo come “Io sono Malala” della giovane attivista pakistana Malala Yousafzai, testi che raccontano il Ramadan e il viaggio verso la Mecca, le storie di grandi pensatori e filosofi come Avicenna e Averroè, le avventure quotidiane o fantastiche di infanzia e adolescenza.

“Piccole Biblioteche in Lingua Araba” è il progetto italiano, curato da IBBY Italia, del progetto “Pledge a Library” promosso dalla fondazione Kalimat Foundation for Children’s Empowerment dell’Emirato di Sharja, che ha distribuito dal 2016 quasi 200 piccole biblioteche di 100 libri in lingua araba per bambini e ragazzi, in vari luoghi del mondo. Si tratta di piccole biblioteche finanziate da privati donatori emiratini, che vengono destinate a luoghi dove non solo bambini e famiglie arabofoni, ma intere comunità, possono beneficiare della presenza del libro come strumento di armonia e scambio culturale e sociale. Simbolicamente la prima bibliotechina è stata inaugurata alla Biblioteca Casa di Khaoula di Bologna, città sede di IBBY Italia, sezione italiana del comitato mondiale, del quale fanno parte, tra gli altri, il Comune di Bologna e Bologna Fiere.

Anche la tematica delle migrazioni è al centro delle attività di sensibilizzazione della Biblioteca Casa di Khaoula. Presente infatti una selezione di titoli acquisiti nel 2018 dalla biblioteca Casa di Khaoula sulla tematica della migrazione, declinata in tre sezioni: idee e pregiudizi, racconti e storie, migranti italiani ieri e oggi. La sezione Intercultura e migrazioni occupa uno spazio dedicato all’interno della Sala Adulti, al 1° piano della biblioteca.

Per saperne di più consulta la pagina ufficiale!

Jack Frusciante è uscito dal guppo, Enrico Brizzi, Transeuropa, 1994

«Se sei un barbone, un drogato, un immigrato, un albano, sei fottuto. Ti isolano, sei fuori dal gruppo. Poi, il gruppo ti lascia più o meno in pace e in disparte all’inizio, fino a quando non ne fai una troppo grossa, e allora finisci in galera»

Uscire dal gruppo, rompere gli schemi, fare un salto fuori dal cerchio nella Bologna del 1992 attraverso lo sguardo, il vissuto, i conflitti e la crescita di Alex D., un giovane liceale cresciuto in una famiglia borghese dalla quale si sente soffocato. I paesaggi della città accompagnano il protagonista a ritmo di musica rock, pedalate in bicicletta e nel rapporto con Aidi, che lascerà l’Italia al termine dell’anno scolastico.

La ricerca di autenticità attraversa il loro rapporto così come quello con Martino, che però sceglie di abbandonare un mondo che vince inesorabilmente, riportandolo ogni volta entro i confini del cerchio.

Romanzo di formazione acclamato dalla critica, Jack Frusciante è uscito dal gruppo è ormai annoverato come classico contemporaneo della letteratura per ragazzi e adulti, con Bologna che si staglia sullo sfondo.

Bologna. Deviazioni inedite raccontate dagli abitanti, di Wu Ming 2 (a cura di), F.Fadani (Illustratore), N.Vola (Illustratore), M. Quadri (Illustratore), Ediciclo, 2022

Nonturismo è un progetto di guide innovative scritte dalle comunità locali per promuovere luoghi ai margini d’Italia e una nuova idea di turismo consapevole. La guida di Bologna racconta i luoghi che resistono all’estetica del turismo.

Luoghi dove crescono piante inattese, dove la cultura cambia l’uso degli spazi. Luoghi che, proprio in quanto fanno resistenza, esprimono al meglio la sua attitudine ribelle. Questa guida li raccoglie in quattro percorsi a cura dello scrittore Wu Ming 2 e impreziositi dalle incursioni artistiche degli illustratori Francesco Fadani, Noemi Vola e Marco Quadri. Attraverso percorsi tematici, il nonturista potrà fare esperienza diretta e intima del posto, entrando in contatto con gli abitanti e i loro luoghi dell’anima.

Sapori

Tortellini in brodo bolognesi

Attorno al tortellino, diminutivo di tortello e incarnazione del mito gastronomico bolognese, si sono susseguite innumerevoli storie entrate a far parte della cultura e del folclore della città. Centrale è da sempre l’infinita disputa tra Modena e Bologna sulla paternità del tortellino, appianata alla fine dell’800 indicando come luogo di nascita Castelfranco Emilia, a metà strada tra le due città: in provincia di Modena ma sotto la diocesi di Bologna.

La cultura gastronomica del tortellino si intreccia all’influenza papale di quel periodo, difatti, i primi riferimenti al tortellino risalgono ad una pergamena del 1112 in cui si legge: Tertia pars turtellorum monachorum est (la terza parte dei tortelli spetta ai monaci), oltre che da una bolla di Papa Alessandro lll del 1169. Altre citazioni di tortellos, tortelli, tortellis si ritrovano successivamente in molti documenti del 1200, facendo entrare le parole “torteleti” e “ritortelli” nelle consuetudini della lingua. Una delle prime ricette dei tortellini in brodo risale al 1518 in cui si ha testimonianza di “ravioli in tempo di carne”, ossia quel periodo dell’anno in cui era concesso, da regole religiose, l’assunzione di carne. Si legge la preparazione del ripieno con cacio vecchio, carne di maiale, petti di pollo e brodo di cappone, rinvenendovi anche un’indicazione dei tempi di cottura: “lo spazio di tre Pater nostri”, a dimostrazione dello scandire del tempo modulato dalla Chiesa. La bontà dei tortellini in brodo fu conosciuta nel resto del mondo a partire dalla fiera di Los Angeles del 1904 grazie alla presentazione fratelli emiliani Bartani, mentre la consacrazione ufficiale della ricetta si ha nel 1974, anno in cui la Dotta Confraternita del Tortellino registrò la ricetta ufficiale alla Camera di Commercio di Bologna.

Ingredienti

(per poco più di 2 kg di tortellini e 3 l di brodo)

per la sfoglia

  • 8 uova (medie)
  • 800 g farina 00

per il ripieno

  • 400 g lombo di maiale
  • 250 g prosciutto crudo di Parma (al netto degli scarti)
  • 150 g mortadella di Bologna
  • 180 g parmigiano Reggiano DOP
  • 1 uovo
  • Mezza noce moscata (grattugiata)
  • q.b. sale
  • q.b. brodo di carne

per il brodo

  • 500 g punta di petto o muscolo di manzo
  • 200 g cappello del prete (se volete un brodo più grasso sostituitelo con il doppione)
  • Mezza gallina (o un quarto di cappone)
  • 1 osso da brodo
  • 1 cipolla bianca
  • 2 coste sedano
  • 2 carote
  • 1 pomodoro (piccolo)
  • q.b. sale grosso

Preparazione

Ripieno

Il ripieno viene preparato tagliando in piccoli pezzi il lombo di maiale, la mortadella e il prosciutto crudo (dal quale va eliminata la parte di grasso), che devono poi essere tritati insieme per ottenere un impasto. Trasferito quest’ultimo in una ciotola, si aggiungano parmigiano grattugiato, noce moscata, sale e l’uovo, impastando fino al risultato di una buona amalgamazione. Lasciare quindi riposare in frigo mentre si prepara la pasta.

Pasta

Dopo aver disposto la farina a fontana, aggiungere le uova al centro impastando per ottenere una consistenza liscia e omogenea, che andrà quindi coperta e lasciata riposare per una mezz’ora.

Lentamente e con attenzione, si stenda la sfoglia fino a quando non diventa molto sottile, quindi ritagliare dei quadratini di 3 cm per lato al centro dei quali disporre il ripieno. Dopodiché, chiudere i quadratini a triangolo e premere intorno alla zona del ripieno unendo le due estremità. Infine, cucinarli per 3 minuti nel brodo e servirli!

Brodo

Per la preparazione del brodo unire le verdure lavate e tagliate in pezzi grossi ai tagli di carne in un tegame, versandovi 6/8 litri di acqua fredda affinché le carni rilascino i loro succhi. Dopo aver aggiunto un cucchiaio raso di sale grosso si porti ad ebollizione e, raggiunta, si mantenga la fiamma al minimo e si schiumi con la ramina. Il brodo va fatto sobbollire per 4/5 ore, dopodiché si possono rimuovere la carne e le verdure e utilizzare un colino per eliminare gli ultimi residui.

Guarda il video della ricetta!