La trama

Nelle vite di Maryam e Parviz, due giovani iraniani, l’estate ha un ruolo fondamentale: nel settembre del 1960 si conoscono e innamorano a Roma; in quella torrida del 1978 trovano entrambi la morte a Teheran. Durante gli studi all’estero insieme aderiscono alla cellula italiana del partito comunista iraniano per opporsi al brutale regime dello scià in patria, ma i dirigenti del partito hanno in mente destini diversi per loro. Maryam deve tornare regolarmente in Iran dopo la laurea e svolgere la sua professione di medico, Parviz invece deve presto rientrare in patria clandestinamente per preparare la mobilitazione degli studenti e delle masse urbane contro la dittatura. Dopo una lunga e sofferta attesa i due riescono a riunirsi a Teheran dove continuano a condividere sogni e ideali politici. Il legame ritrovato è rinsaldato dalla nascita del figlio Keivan ma la situazione è difficile e la repressione degli oppositori feroce: infatti poco dopo, traditi da un compagno, Maryam e Parviz vengono uccisi dalla Savak, la polizia segreta iraniana.

Feltrinelli 2007, 179 pp.

Un brano
“È deciso a ordinare altre dieci, cento, mille lapidi per coprire le tombe dei genitori, fino a quando non vincerà la sua battaglia. Non permetterà che restino morti anonimi, clandestini come sono stati da vivi. Vuole il loro nome inciso sul marmo pregiato e scritto da un maestro calligrafo; vuole che i versi di Forugh Farrokhzad precedano la data della nascita e della morte e che fiori sempre freschi siano adagiati sulle loro tombe. E vuole che riposino proprio lì, accanto ai loro compagni, nel settore riservato ai martiri della Rivoluzione” (p.177).

L’autore
Bijan Zarmandili è nato a Teheran nel 1941. Nel 1960 si è trasferito a Roma per studiare architettura e scienze politiche. È stato per vent’anni fra i quadri dirigenti della sinistra iraniana in esilio e ha partecipato all’opposizione al regime dittatoriale dello scià Mohammad Reza Pahlavi. Nel 1980 ha iniziato l’attività giornalistica: attualmente si occupa di Medio Oriente per il gruppo Espresso-Repubblica ed è il corrispondente per l’Iran della rivista di geopolitica Limes, inoltre cura una rubrica di analisi delle vicende iraniane e mediorientali per Rainews24. Nel 2004 ha pubblicato il suo primo romanzo La grande casa di Monirrieh. Nel 2007 con L’estate è crudele ha vinto il Premio Letterario Internazionale Isola d’Elba Raffaello Brignetti.

Per riflettere, per discutere
I protagonisti del romanzo dedicano la loro vita alla realizzazione dei propri ideali politici: rovesciare la dittatura dello scià e portare la libertà in Iran, senza utilizzare la violenza, per cui sentono repulsione, ma guidando la mobilitazione di studenti e masse urbane: “Solo a diretto contatto con ciò che succede in Iran potrò convincere i compagni che la linea della lotta armata è un delirio: ci ammazzeranno tutti e porterà altra repressione, altra galera, altre torture e altre fucilazioni. Bisogna mobilitare le masse contro il regime: è un lavoro duro, ma è la nostra unica salvezza” (p.35). Non potendo dichiarare apertamente l’appartenenza al partito comunista sono costretti a nascondersi e a vivere clandestinamente.

Mohammad Reza Pahlavi, ultimo scià di Persia, ha regnato dal 1941 al 1979, con il supporto degli Stati Uniti, dando vita nel corso degli anni ad una feroce dittatura, durante la quale ha sospeso le garanzie costituzionali e concentrato su di sé tutti i poteri. Verso gli oppositori politici è stata attuata una repressione senza precedenti. È stato calcolato che dal 1953 al 1978 centinaia di migliaia di persone sono state arrestate per reati politici e circa 300.000 torturate. Anche Maryam viene imprigionata e torturata prima di morire: “Molte camminano a fatica, i piedi gonfi non entrano nelle scarpe di plastica azzurra che fanno parte della divisa del carcere. Quelle donne sono state sottoposte alla tortura con la falake prima di essere condotte al Komitè, mentre il Ghasr è la prima tappa del calvario, dove restano brevemente in isolamento in attesa che venga decisa la loro sorte“ (p.163).
L’avvento della rivoluzione islamica viene preannunciato da Parviz: ”Se e quando il regime dello scià sarà rovesciato, saranno gli islamici, sarà l’ayatollah Khomeini a sostituirlo, magari con un nuovo regime che con ogni probabilità non avrà tolleranza per noi“ (p.130). Nel 1979, infatti, viene proclamata la Repubblica Islamica, il potere viene assunto da Khomeini, in qualità di suprema guida spirituale e viene istituita la sharia, la legge coranica. Vengono bandite le bevande alcoliche e il gioco d’azzardo, iniziano le persecuzioni contro gli omosessuali e alle donne è imposto l’utilizzo del velo. Le culture occidentali sono considerate di ispirazione satanica.
Durante la narrazione sono numerosi gli spunti di riflessione offerti sull’Italia, dai tempi dell’università di Maryam e Parviz, al breve soggiorno di Keivan a Roma: “Maria, mia moglie, è figlia di braccianti, loro stanno vicino a Napoli. Con la fine della mezzadria hanno avuto un po’ di terra, ma non bastava per dare da mangiare a tutti, sono sette figli. Allora i fratelli sono andati a cercare lavoro in Germania e i cugini, più fortunati sono alla Fiat, a Torino. Ma si lamentano del freddo e dicono che con gli straordinari lavorano dodici ore al giorno (p.24). Vede in giro facce africane e asiatiche che chiedono l’elemosina ai semafori. Anche al mercato di Ponte Milvio ci sono molti stranieri: scaricano casse di verdura e di frutta e le portano ai banchi“ (p.14).
Per approfondire
A marzo 2008 è uscito in Italia Persepolis; il film, tratto dall’omonimo fumetto di Marjane Satrapi, racconta la vita dell’autrice, educata secondo valori democratici e progressisti, nel travagliato contesto politico e culturale dell’Iran: l’infanzia a Teheran, gli studi a Vienna, il ritorno in patria e il definitivo esilio a Parigi nel 1990 si intrecciano con la rivoluzione islamica e la guerra con l’Iraq. Lo stesso sfondo storico-culturale è presentato in Leggere Lolita a Teheran, Adelphi 2004, in cui l’autrice, la professoressa Nafisi, racconta la difficoltà di insegnare letteratura occidentale e di essere donna nella repubblica islamica.

Ricerca/Tesina: I poeti persiani, dall’antichità a oggi. La poesia è uno degli elementi fondanti della cultura persiana. Nel testo sono citati Sadegh Hedayat (1903-1951) considerato il più grande scrittore iraniano del ‘900, autore del romanzo La civetta cieca e Forugh Farrokhzad (1934-1967) la prima donna iraniana a sfidare la tradizione islamica, meritandosi l’appellativo di “poetessa del peccato” per la sensualità e la carica erotica dei suoi versi: “Forugh è giovane e bellissima, recita con passione i suoi versi e le parole più scandalose, con la voce resa roca e sensuale dal troppo tabacco, acquistano dignità e rigore. Non ha timore di cantare la virilità del suo amato, oppure l’ardore dei propri sensi, ma diviene malinconica quando evoca l’epilogo del suo amore e la nostalgia per la morte” (p.173).
Per rientrare clandestinamente in Iran, Parviz è aiutato dai peshmargheh di Mam Jalal, eletto presidente dell’Iraq nel 2005. Jalal Talabani è il fondatore di uno dei principali partiti iracheni, l’Unione Patriottica del Kurdistan (UPK), che ha a lungo condotto un’opposizione armata nelle regioni settentrionali curde dell’Iraq contro il regime di Saddam Hussein, che ha sempre negato il riconoscimento della loro autonomia attuando sistematicamente deportazioni di massa, bombardamenti di villaggi e attacchi con armi chimiche. Le montagne del Kurdistan sono un passaggio obbligato per profughi, contrabbandieri e guerriglieri: un ambiente duro e estremo, ritratto con efficacia da Baham Ghobadi nel film Il tempo dei cavalli ubriachi (Kurdistan 2000).

Nei panni dei rifugiati: scheda 1 e 2.