La trama

Questo piccolo volume raccoglie un documento straordinario: la lettera che, dopo oltre cinque anni di prigionia nella giungla e oltre quattro di assoluta mancanza di notizie sulla sua sorte, la senatrice colombiana Ingrid Betancourt ha potuto inviare ai suoi familiari. Il dramma dei sequestri in Colombia è fotografato dalle frasi scritte in fretta, che esprimono le preoccupazioni tutte private di figlia e di madre, ma anche riflessioni lucide sugli effetti della prigionia e speranze in un futuro migliore per l’intero Paese. “Ecco, questo significa vivere: crescere per mettersi al servizio degli altri”, scrive la Betancourt pensando al futuro dei propri figli, ma anche sintetizzando il senso di fare politica per il bene comune. Un ideale che troppo spesso si scontra con gli interessi dei potenti.

Garzanti 2008, 72 pp.

Un brano
“In Colombia il tuo appello ha risvegliato migliaia di persone: è come se all’improvviso, dopo tutti questi anni, avessero capito che gli ostaggi, laggiù in fondo alla giungla, non sono solo esseri viventi come loro, come tutti noi. Ho avuto l’impressione che migliaia di persone si riconoscessero nelle tue frasi e ritrovassero di colpo la realtà delle cose. Fino a quel momento, mettevano in fila le cifre: quante centinaia di ostaggi, quanti anni passati nella giungla, quante persone alle manifestazioni di protesta, quanti tentativi di liberazione falliti… E all’improvviso tu, con il tuo coraggio, la tua forza, la tua intelligenza, ci ricordi quello che è ovvio: sei semplicemente una donna, una figlia, una madre” (pp. 53-54).
L’autore
Ingrid Betancourt è nata a Bogotà (Colombia) nel 1961. Militante nella difesa dei diritti umani, viene eletta nella Camera di Rappresentanti nel 1994 e lancia un proprio partito politico, il “Partido Verde Oxígeno”. Durante il suo mandato critica l’amministrazione Samper, accusato di corruzione e di aver accettato denaro riciclato dai narcotrafficanti durante la propria campagna elettorale. È stata rapita il 23 febbraio 2002 dalla guerriglia delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e liberata dalla prigionia il 2 luglio 2008, più di 6 anni dopo la data del sequestro.

Per riflettere, per discutere
Si calcola che siano oltre 3.000 le persone sequestrate in Colombia. Dalla lettera di Ingrid Betancourt traspare l’importanza del servizio svolto dalla radio pubblica. Ogni sabato a mezzanotte, il giornalista Herbin Hoyos apre i microfoni del programma “Las voces del sequestro” su Radio Caracol, la prima emittente colombiana, e per sei ore inonda l’etere di messaggi dei familiari dei rapiti, intervallandoli con attualità, cronaca, politica e sport per rispondere alla sete di notizie di coloro che sono stati inghiottiti dalla giungla. E quando scoccano le due della notte tra la domenica e il lunedì, è il turno di Antonio José Caballero di RCN (Radio Colombia Nacional) con “La noche de la libertad”, stesso modulo informativo lungo però quattro ore, con un mix di messaggi registrati dei familiari dei rapiti e di notizie di attualità varia.

La Colombia è tuttora caratterizzata da un violento conflitto armato interno (per la presenza di guerriglia e di gruppi paramilitari) che dura da oltre 40 anni. Secondo le fonti dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, la Colombia ospita una popolazione ufficiale di 2,2 milioni di sfollati interni registrati come tali, anche se i dati forniti da altre fonti stimano che il totale raggiunga i 3 milioni. I paesi confinanti accolgono inoltre almeno 500.000 rifugiati colombiani.

Per approfondire
Nel settembre 1995, Giacomo Turra, un ragazzo di Padova muore a Cartagena de Indias in Colombia. Il caso viene archiviato come overdose da cocaina, ma prove e autopsia rivelano un’altra storia: Giacomo Turra è stato brutalmente ucciso da 5 poliziotti. Da questo episodio di cronaca prende lo spunto un coraggioso film/documentario di Fabrizio Lazzaretti, Colombia: giustizia in tempo di guerra (Italia, Regno Unito, Germania, Canada, Francia, Germania 2004).

La situazione in Colombia è molto complessa e numerosi sono gli interessi in gioco. Un tentativo di leggere la situazione è il saggio di Guido Piccoli, Colombia, il paese dell’eccesso. Droga e privatizzazione della guerra civile, Feltrinelli 2003.
Nei panni dei rifugiati: scheda 1.